San Martino leader nella rigenerazione di ossa e legamenti
BELLUNO. Rigenerare ossa, legamenti e pelle grazie al sangue: all’ospedale San Martino è una prassi consolidata da 20 anni, tanto che il Centro trasfusionale è diventato punto di riferimento in Italia per i metodi produttivi ed applicativi di queste emocomponenti. A dirlo è il direttore dell’unità operativa complessa di Medicina trasfusionale dell’ospedale di Belluno, Stefano Capelli, che oggi alle 18, nella sala convegni del San Martino parlerà di questa attività “rigenerativa” nell’ambito degli incontri settimanali de “I giovedì della salute”, organizzati dall’Usl 1.
Dal 1999 alla fine del 2017 sono stati trattati con questi prodotti oltre 2.700 pazienti e sono state eseguite 11 mila applicazioni in presenza di patologie ossee e tendineo-legamentose, sia muscolari e cartilaginee che cutanee e corneali. «La nostra struttura trasfusionale dal 1999 ha attivato percorsi, condivisi con altre unità operative aziendali, quali Ortopedia, Oculistica, Dermatologia per la produzione autologa (cioè dallo stesso paziente) o omologa (da donatore a paziente) di preparati di gel piastrinico», precisa il primario. «Si parte da una semplice donazione di sangue che, una volta raccolto, viene lavorato in laboratorio per ottenere prodotti “quasi finali” che vengono congelati e conservati a -80° centigradi fino al momento dell’utilizzo sul paziente, utilizzo che deve avvenire entro 12 mesi dalla data del prelievo».
Ad oggi il 70% dell’applicazione del gel piastrinico è stato effettuato in ambito ortopedico, in presenza di malattie degenerative ossee. Inoltre, solo nel 2017 sono stati rilasciati quasi 2 mila emocomponenti di medicina rigenerativa.
A occuparsi di questo settore, oltre al primario, è anche il dottor Alessio Borean, responsabile dell’unità operativa semplice di Medicina rigenerativa. Collabora alla gestione, sia sul piano clinico che su quello gestionale, anche il dottor Ivan Pirola, responsabile dei sistemi informatici del Dipartimento trasfusionale.
«Tutte le emocomponenti sono prodotte secondo la vigente normativa comunitaria e nazionale e sono utilizzate in clinica in quanto prodotti che rilasciano fattori di crescita in modalità prolungata nel tempo e utile per stimolare la riparazione tissutale», spiega il primario. «Di fronte a malattie degenerative o post traumatiche, laddove non è possibile ricostruire l’anatomia dell’organo e soprattutto essendo di fronte a una patologia degenerativa che continua nel tempo, il paziente spesso deve sottoporsi nuovamente al trattamento con emocomponenti. Come per la trasfusione, anche per questa attività dobbiamo avere una tracciabilità totale, segnando a chi sono andati i prodotti, quando e se sono accaduti eventi avversi».
Questa attività ha acquistato un interesse tale che la ricerca si è allargata ad altre istituzioni ad indirizzo formativo e scientifico, quali l’Università di Padova e la Fondazione Tes (Tissue engineering and signaling). Ricerca che è stata ed è tuttora sostenuta dall’Associazione bellunese volontari del sangue e dall’Avis regionale. «Molti sono gli ambiti in cui si potranno utilizzare questi prodotti nel futuro», conclude Capelli.
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