San Nicolò, «una polemica inutile»
AGORDO. «Stiamo togliendo tutto ai nostri bambini, anche il senso del mistero e intanto la gente si mobilita solo per cose di secondaria importanza». È una frase questa che condensa i pensieri di due persone - una maestra e una collaboratrice scolastica - che vivono quotidianamente accanto a quei bambini per i quali il popolo è sceso in campo indignato.
Gli alunni della scuola materna di Agordo e della primaria di Selva di Cadore sono infatti stati privati della visita di San Nicolò e della recita di Natale. «Inammissibile: saltano le tradizioni, si estirpano le radici cristiane», protestano in tanti. Ma le riflessioni di Barbara De Menech, insegnante alla primaria di Agordo, e di Marilena De Val, bidella alla scuola materna di Cencenighe, offrono un punto di vista differente. «Purtroppo», dice Barbara - noi adulti stiamo togliendo tutto ai nostri bambini, solo ed esclusivamente per i nostri piaceri personali. Con il nostro bizzarro modo di vivere abbiamo tolto la famiglia, questo importantissimo punto di riferimento con la sua autorevolezza, ma soprattutto con quell’amore attraverso il quale si riesce a infondere nei bambini sicurezza e serenità nell’affrontare le difficoltà della vita. Con le automobili li portiamo ovunque, ma impediamo loro di conoscere l’ambiente nel quale vivono. Con il nostro lavoro abbiamo tolto anche la possibilità di giocare liberamente. In compenso abbiamo dato la televisione, i computer, i telefonini usando i quali abbiamo totalmente eliminato in loro il senso dell’immaginario, la creatività e il coraggio di relazionarsi con gli altri senza nascondersi dietro un video». Potrebbe essere già abbastanza, invece no. Oggi ci si lamenta perché è stato tolto San Nicolò, senza pensare che San Nicolò, nella tradizione, non c'era. «Stiamo togliendo anche il senso del mistero che desta lo sconosciuto e la sorpresa nel trovare la mattina, appena alzati, ciò che più si desidera. Tanto», si chiede ironicamente Barbara, «cosa possono chiedere i nostri bambini? Hanno di tutto e di più, perché per sopperire alla carenza di affetto si dà, si dà e si dà ancora, senza fermarsi un attimo a riflettere si ciò che è veramente importante».
In che posizione si trova il “dramma” vissuto dai bambini agordini per il mancato incontro con San Nicolò nella classifica dei dispiaceri che magari vivono quotidianamente? «Ogni tanto mi vedo che brontolo perché i miei alunni non lavorano come vorrei», conclude Barbara, «ma come possono essere concentrati, quando devono farsi carico di problemi più grandi di loro? Speriamo proprio che San Nicolò porti a tutti noi un po’ di buon senso, quanto basta per cercare di capire che non è tanto importante vederlo, quanto sapere che c’è e chissà come mai tutto conosce e tutto sa».
Meno filosofica, ma più “politica”, Marilena De Val non usa mezzi termini. «Basta con queste polemiche sterili che non portano a nulla su feste di San Nicolò mancate, su recite di Natale che non si fanno. Io vorrei vedere gli stessi genitori mettersi in campo anche quando tagliano fondi all'istruzione e alla sanità, quando tolgono le ore di italiano e matematica, o il Pronto soccorso e la Chirurgia. Ma quali sono le priorità in questa nostra terra? Senza nulla togliere alle feste e alle recite, che piacciono molto anche a me, mi viene il nervoso nel vedere che la gente si mobilita solo per cose di secondaria importanza». (g.san.)
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