Sani: «Nessuna moschea ma tratto coi musulmani»
BELLUNO. Nessuna moschea. Ma al numero 244 di via Feltre, dove c’era il pub Kilkenny, non ci sarebbe posto nemmeno per una chiesa. Non è un problema di fede, ma di piano regolatore. Criteri urbanistici: tutta un’altra cosa, rispetto alle sure del Corano o ai versetti dei Vangeli. Tra le varie trattative intavolate dal proprietario dell’immobile, Valerio Sani, c’è anche quella con i rappresentanti della comunità musulmana bellunese, che fa capo ai centri culturali Assalam di Ponte nelle Alpi e Santa Giustina. Ci sono stati dei colloqui con il presidente Mohamed Meraga, che peraltro, solo un paio di settimane fa, ha dichiarato fuori dalla chiesa parrocchiale di Cavarzano che «non ci sono novità».
Sani fa il suo mestiere: ha uno spazio vuoto, a pochi passi dal centro, dopo che i gestori del pub hanno chiuso, e il suo interesse non può che essere quello di riempirlo. Affittasi o vendesi, meglio il secondo verbo. Sani è in prima fila, quando si tratta di sorprendersi del polverone che si è scatenato in consiglio comunale, al momento dell’interrogazione presentata da Celeste Balcon del Patto per Belluno: «Mai sentito parlare di moschea o, comunque, di luogo di culto», garantisce il padrone di casa, «non nascondo di aver parlato anche con un rappresentante della comunità islamica, che mi ha prospettato l’allestimento di uno spazio, che prevederebbe un museo della vita nel deserto, delle aule per le lezioni di arabo e italiano e una sala dedicata agli incontri culturali. Una sede dell’associazione, insomma, unita a una serie di ambienti con questa vocazione. Nessuno mi ha parlato di un luogo in cui pregare, a parte che, nel momento in cui ho venduto, devo preoccuparmi solo di aver rispettato le leggi».
La preoccupazione di Balcon è che lì sorga una moschea e in tempi anche molto rapidi. Qualcuno gliel’ha detto: «Qualcuno è arrivato anche a stabilire una data per un eventuale rogito, che tuttavia non esiste. Chi pensava che ieri avremmo firmato l’atto, si sbaglia e non solo perché il notaio di fiducia è in vacanza e dovremmo andare a trovarlo sotto l’ombrellone: la trattativa c’è stata, ma non abbiamo concluso niente. Non c’è alcun contratto da firmare. E comunque, nel mio ruolo di venditore, devo ascoltare tutti gli interessati».
Il sindaco Jacopo Massaro ha una certezza: per aprire un luogo di culto, sarebbe necessario un cambio di destinazione d’uso. Non puoi farlo perché ti piace o ne hai bisogno: «Per quello che avevamo concordato, da commerciale dovrebbe diventare direzionale, in questo caso non è niente di complicato», osserva Sani, «a patto, però, che non si voglia davvero aprire una moschea, il che è da escludere: non se n’è proprio parlato. Queste persone stanno cercando un posto più grande di quelli che stanno frequentando attualmente e hanno pensato anche a questo. Ma non c’è niente di definito e di acquirenti ce ne sono anche altri, con i quali sto dialogando. La spesa da fare è di 250 mila euro: una parte alla firma dell’atto e il resto in momenti successivi. Rimango in attesa di sviluppi, con la sicurezza che non sarà aperta una moschea, ma necessariamente qualcosa di diverso».
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