Sappada se ne va, De Menech accusa

L’ormai certo passaggio al Friuli avvia una resa dei conti tra i parlamentari bellunesi ma pure una mezza faida interna al Pd
SAPPADA. Per Sappada è quasi fatta: il 31 ottobre la Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio prenderà in esame gli eventuali emendamenti al disegno di legge sul distacco dal Veneto e li voterà; il dossier, comprensivo del parere della Commissione Bilancio, passerà dunque all’Aula per essere dibattuto e votato il 6 novembre o nei giorni successivi.


Tutti hanno detto di sì e si stanno rassegnando a questa opzione anche i pochi bellunesi del no, come l’onorevole Roger De Menech. Il parlamentare ha compiuto, ieri pomeriggio, un estremo tentativo, nella prima Commissione, di prendere tempo, proponendo l’audizione del presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti. Ma la proposta gli è stata bocciata, come il giorno prima gli era stato cassato un analogo invito per Luca Zaia e Roberto Padrin. A fine seduta, De Menech non è riuscito a trattenere uno sfogo con accenni polemici, constatando che l’esito dell’iter parlamentare è ipotecato.


«Qui non c’è più nulla da fare. E io non voglio rimanere col cerino in mano», ha detto De Menech, prendendosela anzitutto con «i molti esponenti politici bellunesi» che, anziché mettere in sicurezza Sappada «si sono adeguati, pensando di poter affrontare i complessi problemi della montagna con azioni da francobollo». Ma l’esponente del PD bellunese non ha nascosto la sua amarezza soprattutto nei confronti dei cugini friulani, a cominciare dalla presidente Debora Serracchiani per concludere con il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato. «Rimane per me incomprensibile che a decidere il destino dei Comuni referendari sia in questo caso una Regione – si è sfogato – che ha un trattamento speciale e che avrebbe potuto in questi anni contribuire, non solo in termini economici, ma soprattutto di idee e progettualità, alla costruzione di un’intesa strategica come è stato fatto intelligentemente sull’altro lato da molti anni».


De Menech fa riferimento ai fondi di confine che l’anno scorso il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, aveva proposto alla Serracchiani, trovando però le saracinesche abbassate. Il Friuli, gli era stato risposto, non ha i soldi di Trento e Bolzano. Se, invece, Sappada ed altri comuni veneti avessero chiesto l’annessione, ben volentieri il Friuli sarebbe stato disponibile ad accettarli. Ma De Menech vuol stanare soprattutto la Lega Nord. Dice che è stato il triestino Massimiliano Fedriga, presidente del gruppo parlamentare del Carroccio alla Camera, a pretendere che il ddl Sappada avesse priorità a Montecitorio. «Mi viene il sospetto che, d’accordo con Salvini, abbia voluto fare uno sgambetto a Zaia. Come mi viene il sospetto che taluni dirigenti del mio partito si siano adeguati, a motivo delle prossime elezioni».


Sospetti di strumentalizzazione, insomma, e con Sappada che oggi sarebbe più preoccupata che euforica. A Plodn i contrari al distacco hanno cominciato a farsi sentire, mentre da Roma c’è chi avverte che la legge in approvazione non detta neppure i passaggi del transito in Friuli. Certo è, secondo De Menech, che oggi «rischiamo di pagare errori sedimentati nella storia quando tanti enti, compresa la Regione Veneto, hanno avallato il referendum e quindi il processo di disgregazione della provincia di Belluno». A smentire De Menech ci prova l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. «La risposta alle sue chiacchiere è l’esito del referendum sull’autonomia del Veneto e il concreto cammino autonomista avviato, e senza ritorno, dal presidente Zaia e da tutta la sua giunta» .


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