Scattavano “selfie” con l’imam del terrore

Jihadisti dal Veneto: varie fotografie con Bosnic nei pc sequestrati. Indagini per ritrovare Ismair Tabud, figlio di Mesinovic
Ismar Mesinovic con il figlio in un'immagine d'archivio. Ha paura e non vuole parlare con nessuno anche se a mezza voce qualche parola la dice. E' la moglie di Ismar Mesinovic, bosniaco che viveva tra Ponte nelle Alpi e Longarone nel bellunese morto ad Aleppo per combattere il regime di Assad e frequentatore di centri islamici tra Belluno, Treviso e Pordenone. Le scelte di 'fede' e il percorso da Belluno alla Siria attraverso i balcani di Mesinovic sarebbero tra i punti chiave dell'inchiesta dei Ros e della Procura di Venezia sul proselitismo in Veneto a favore della jihad. ANSA / Luca Zanfron
Ismar Mesinovic con il figlio in un'immagine d'archivio. Ha paura e non vuole parlare con nessuno anche se a mezza voce qualche parola la dice. E' la moglie di Ismar Mesinovic, bosniaco che viveva tra Ponte nelle Alpi e Longarone nel bellunese morto ad Aleppo per combattere il regime di Assad e frequentatore di centri islamici tra Belluno, Treviso e Pordenone. Le scelte di 'fede' e il percorso da Belluno alla Siria attraverso i balcani di Mesinovic sarebbero tra i punti chiave dell'inchiesta dei Ros e della Procura di Venezia sul proselitismo in Veneto a favore della jihad. ANSA / Luca Zanfron

BELLUNO. Con il telefonino si facevano i «selfie» in compagnia dell’addestratore bosniaco Bilal Bosnic: i carabinieri del Ros hanno trovato le fotografie di diverse persone con l’imam del terrore attualmente detenuto a Sarajevo. Non solo Ismar Mesinovic, l’imbianchino di Longarone che prima del Natale scorso ha lasciato il Veneto per andare a combattere in Siria (dove è stato ucciso) portandosi dietro il piccolo Ismair Tabud, di appena tre anni. Ma anche con Munifer Karamaleski, 30 anni, macedone di Skopje, residente a Chies d’Alpago nel Bellunese; con Arslan Osmaniski, 28 anni, residente ad Azzano Decimo, e con Ajhan Veapi, 36 anni, di Tiezzo di Azzano Decimo. Tra coloro che hanno avuto rapporti con l’iman del terrore anche il bellunese Pierangelo Abdessalam Pierobon, 26 anni di Longarone, descritto come un uomo semplice.

I carabinieri hanno trovato traccia di questi selfie nei cinque personal computer sequestrati: con l’iman del terrore anche altre persone, attualmente in corso di identificazione. Le foto sono state scattate con i telefonini in occasione di incontri, anche conviviali, tra l’iman e diversi aderenti all’islam radicale. L’imam del terrore, infatti, oltre a Cremona avrebbe frequentato l’anno scorso la striscia di confine tra il Veneto e il Friuli.

Nella mattina del 30 ottobre, i carabinieri del Ros di Padova coordinati dal tenente colonello Paolo Storoni, hanno eseguito una serie di perquisizioni in cinque diverse abitazioni di sospettati di essere vicini all’Is del Califfato, la formazione islamica radicale che sta cercando di insediarsi tra Siria ed Iraq. I decreti di perquisizione sono stati chiesti dal sostituto procuratore della Procura distrettuale di Venezia Walter Ignazitto.

Nelle abitazioni perquisite – a Longarone, a Chies d’Alpago, ad Azzano Decimo – i carabinieri hanno trovato dei libri inneggianti all’Islam radicale e alla guerra santa, personal computer e molte cartelle scritte, parte in arabo e parte in italiano. Sulla montagna di carte e documentazione sequestrata è iniziato un certosino lavoro di ricerca, agevolato da interpreti di nazionalità bosniaca e macedone, per capire se tra il materiale sequestrato di possano essere elementi probanti a carico degli indagati. L’ipotesi principale di reato è quella di associazione con finalità di terrorismo internazionale, prevista dall’articolo 270 del codice penale. Ma l’intento degli investigatori è anche quello di venire a capo del mistero che circonda la sorte del piccolo Davide, nato a Belluno il 4 settembre del 2011 e figlio di Ismar Mesinovic e di Lidia Herrera Solano: di lui si sono perse le tracce prima del Natale scorso. Secondo una fonte bosniaca sarebbe stato affidato a due donne, ma non ci sono conferme.

Dall’elenco dei documenti sequestrati, come dall’esame dei tabulati telefonici, i carabinieri sperano di trovare elementi utili a capire a chi possa essere stato affidato il piccolo. La madre, lo scorso gennaio, presentò denuncia ai carabinieri di Belluno nei confronti del marito.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi