Schianto in contromano: 2 anni e 4 mesi a Mazzucco

Condannato l’imprenditore che uccise un giovane nella galleria dell’A27 ma dagli atti processuali non emerge la prova che guidava sotto effetto di droghe
Di Marco Filippi

BELLUNO. Due anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo, assoluzione per mancanza di prove dall’accusa di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. È la sentenza che il giudice delle udienze preliminari Giorgio Cozzarini ha inflitto in rito abbreviato a Florio Mazzucco, l’imprenditore longaronese di 58 anni che provocò, in un gravissimo incidente stradale dove rimasero ferite altre due persone, la morte di Daniel D’Ambros De Francesco, un arredatore di Casamazzagno di 28 anni.

L'incidente avvenne il 2 giugno dell’anno scorso, lungo l'A27, sotto la galleria, prima della barriera autostradale di Cadola. Dopo essere arrivato al casello, Mazzucco all’improvviso effettuò la manovra killer che costò la vita al giovane arredatore comeliano. Il conducente dell’Audi A6 invertì inspiegabilmente il senso di marcia e per un chilometro e mezzo viaggiò contromano finché si schiantò contro la Seat Ibiza gialla di D'Ambros De Francesco, che andava ad imboccare l’A27, in direzione Vittorio Veneto, dove l’aspettava un amico. Il giovane arredatore, che lavorava a Cortina, morì sul colpo e per lui non ci fu più nulla da fare.

Il grave incidente innescò un’inchiesta della procura della Repubblica di Belluno che, ieri mattina, ha portato l’imprenditore longaronese (difeso dall’avvocato Sandro De Vecchi) davanti al giudice con la doppia accusa di omicidio colposo e di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Dopo il suo ricovero in ospedale, Mazzucco fu sottoposto all’esame di sangue e urine e risultò positivo al test sulle sostanze stupefacenti (cannabinoidi). Da qui l’accusa di guida in stato d’alterazione da droga. I familiari della giovane vittima, che, comprensibilmente, non si sono mai rassegnati alla morte di Daniel, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Antonio Prade.

Il processo s’è svolto in rito abbreviato (un procedimento a porte chiuse che permette all’imputato di usufruire, in caso di condanna, dello sconto di un terzo della pena). Nel corso della sua requisitoria il pubblico ministero Simone Marcon ha chiesto la condanna dell’imputato a tre anni e 8 mesi, ritenendo ampiamente provate in aula entrambe le accuse contro Mazzucco. Conclusioni alle quali s’è associato l’avvocato di parte civile Prade.

La difesa, con l’avvocato De Vecchi, ha invece puntato la propria arringa sull’esito di una doppia consulenza. La prima, quella del dottor Silvano Zancaner, responsabile dell’istituto di medicina legale dell’Usl di Venezia, sostiene che Mazzucco, al momento dell’incidente, non si trovava alla guida sotto l’effetto della droga e quelle trovate in sangue ed urine, dopo l’incidente, erano tracce di una “canna” assunta qualche giorno prima del fatto. La seconda, redatta dal dottor Alessandro Pesavento, criminologo e neuropsichiatra padovano, attesta che, quando fece la manovra killer dell’inversione a “U” al casello, Mazzucco fu colpito da un vuoto di memoria a causa di una frattura cranica subita una decina di anni prima, che gli provocò lesioni alla parte del cervello che disciplina le capacità cognitive. Una versione dei fatti che Mazzucco, in lacrime, ha ribadito ieri davanti al giudice, prima che si ritirasse in camera di consiglio per la decisione. Lacrime che non hanno convinto i familiari della vittima.

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