Scialpinista inciampò su un cavo di acciaio: causa civile all’Alpe del Nevegal

Un medico aveva riportato lesioni guaribili in sette giorni. «Non mi interessa il risarcimento: questione di principio» 

BELLUNO

Cavo d’acciaio sotto le neve. Causa civile ad Alpe del Nevegal. Aspettava una lettera di scuse, che non è mai arrivata e allora il medico scialpinista Gianluca Rossi ha dato mandato all’avvocato Giorgio Gasperin di avviare una causa civile per le lesioni sofferte lo scorso 4 febbraio, sul raccordo della pista Coca. Ne fa una questione di principio, di conseguenza non chiederà un risarcimento danni alla società che gestisce gli impianti del colle cittadino. Lamenta la mancanza della segnaletica adeguata e vorrebbe evitare che la disavventura capitata a lui possa ripetersi.

Quel giorno ha rischiato la vita, facendo un volo di una ventina di metri, che gli ha provocato lesioni al collo, a una spalla e alle due tibie per una prognosi di sette giorni: «Avremmo anche fatto a meno», spiega il legale bellunese, «ma pensavamo che Alpe del Nevegal ci mandasse una lettera di scuse. Invece è ancora convinta di avere ragione, pertanto bisognerà cercare di dimostrarle che non è così. È quello che faremo a partire da settembre, quando depositerò la causa civile. Ribadisco che non chiederemo soldi, ma solo un’assunzione di responsabilità, che finora non c’è stata. Non oso pensare alle conseguenze, se invece che al dottor Rossi questo incidente fosse capitato a un bambino».

Rossi è salito lungo la Faverghera con sci, zaino e pelli di foca, per arrivare al rifugio Brigata Cadore e fino a lì nessun inconveniente. Quando si è trattato di scendere, ha imboccato un raccordo che conduce alla Coca ed è in quel breve tratto che ha trovato un imprevisto non segnalato: un cavo di acciaio del diametro di tre centimetri sotto la neve battuta. Dopo aver inciampato, l’effetto catapulta è stato spaventoso. Rossi si è ritrovato più a valle con i pantaloni rotti, ferite sanguinanti e lo stato d’animo dello scampato alla morte.

Quel cavo era un verricello che si usa per i gatti delle nevi. Secondo Rossi, non doveva esserci o almeno sarebbe stato necessario segnalarlo. Mentre Alpe del Nevegal ritiene di non avere responsabilità. —
 

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