Sclerosi multipla, la posizione dell'Aism: «Non è etico far pagare una terapia sperimentale»

Il vertice nazionale dell’Associazione sclerosi multipla prende posizione sulla scelta della feltrina Samantha Calzavara di farsi curare a Tel Aviv

FELTRE. Ciascuno ha il diritto di scegliere come curarsi ma chi fa ricerca ha il dovere di dire con chiarezza se una terapia non si è ancora dimostrata efficace. E «chiedere denaro a pazienti per terapie che non hanno una utilità dimostrata va considerato un comportamento non etico».

Scende in campo la presidenza nazionale dell’Aism, l’Associazione italiana sclerosi multipla, nella vicenda di speranza e solidarietà di Samantha Calzavara, la feltrina ammalata di “sclerosi multipla primariamente progressiva” che con l’aiuto di decine di persone sta mettendo assieme 35 mila euro per finanziare il viaggio della speranza al “Center for cell therapy e cancer immunotherapy” di Tel Aviv.

«Se c’è una possibilità, io voglio lottare»
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Nell’ospedale israeliano viene proposta una cura che si basa sul reimpianto di cellule staminali autologhe, senza prima utilizzare gli antitumorali come la chemioterapia, che la ucciderebbero. Una cura che costa 35 mila euro.

Libertà di cura, dice l’Aism per bocca della presidente nazionale Angela Martino e del presidente del comitato scientifico, Gianluigi Mancardi. Ma la vicenda solleva anche un forte problema etico.

La terapia corrente. «L’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche è una terapia praticata da circa venti anni in molti centri al mondo per trattare alcune malattie autoimmuni particolarmente aggressive, come le forme gravi di sclerosi multipla», dice Gianluigi Mancardi.

«Tale terapia ha dato risultati molto incoraggianti, in particolare nei pazienti con forme di sclerosi multipla a decorso a ricadute e remissione, particolarmente aggressivo, e che non hanno risposto alle terapie tradizionali. Molti centri in Italia sono esperti sulla intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, come, ad esempio, i centri del San Martino di Genova, del Careggi di Firenze, ma anche del San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO), del San Raffaele di Milano e del Villa Sofia-Cervello di Palermo. Il trapianto autologo viene effettuato negli ospedali pubblici, naturalmente con nessun costo a carico del paziente. I risultati di tale terapia nelle forme secondariamente o primariamente progressive, sono meno buoni e vanno comunque sempre valutati e considerati col neurologo del Centro, perché il trapianto autologo ha un rischio di mortalità non banale (intorno all’1-2%) e bisogna considerare i possibili vantaggi rispetto ai rischi».

Già raccolti diecimila euro per il viaggio della speranza
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Alternativa incerta. L’alternativa dell’uso delle sole cellule staminali ematopoietiche senza la precedente immunosoppressione, ovvero quella proposta a Tel Aviv, secondo l’Aism «è uno schema di terapia in sperimentazione in alcuni centri, ma che fino ad ora ha fornito risultati molto incerti».

Secondo l’Aism, infatti, «non sembra ragionevole che cellule staminali del sangue, in assenza di una precedente terapia che sia in grado di fermare il processo autoimmune, possano determinare un risultato positivo. In pazienti con forme di malattia primariamente progressiva, già costretti su carrozzina, l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche va valutata con molta prudenza a causa dei rischi che potrebbero essere maggiori dei vantaggi, mentre una terapia con sole cellule staminali ematopoietiche senza immunosoppressione non sembra indicata».

La questione etica. Per il direttore scientifico Aism, che solleva dunque il problema etico nella vicenda, «per una terapia di non dimostrata efficacia non si deve pagare alcunché».

«Nelle forme di malattia primariamente progressiva», dice Mancardi, «nel prossimo futuro, sarà verosimilmente possibile utilizzare l’ocrelizumab, un anticorpo umanizzato diretto contro i linfociti B, che nelle sperimentazioni cliniche effettuate ha fornito risultati convincenti e significativi di efficacia».

Nel frattempo, però, l’Aism spiega di non poter tacere: «La signora Samantha è ovviamente libera di operare la scelta terapeutica che ritiene più opportuna, ma come Aism, primo ente italiano impegnato attraverso la sua fondazione nella ricerca sulla sclerosi multipla, è nostro dovere informare con rigore sulle evidenze della ricerca scientifica al fine di fornire un quadro completo per permettere alle persone con sclerosi multipla di operare una scelta terapeutica consapevole e che tenga anche conto dei rischi correlati».

«La risposta ora possibile per Samantha», fa sapere l’Aism, «è quella di valutare bene, con il proprio neurologo, i rischi e le incertezze offerte da possibili scelte terapeutiche. Sappiamo bene quanta sofferenza provochi l’essere affetto da una grave malattia cronica, ma non possiamo permettere che a questa condizione di sofferenza si aggiunga anche il rischio di una speculazione sulle speranze delle persone, che vengono spesso alimentate dall’annuncio di una nuova terapia che promette di avere effetti miracolosi, come troppo spesso abbiamo visto accadere nel nostro lungo percorso di tutela a fianco delle persone con sclerosi multipla».

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