Scomparso in Siria, la mamma: «Voglio riabbracciare mio figlio Ismail»
BELLUNO. L'ha riconosciuto in quella foto. È lui, non ha dubbi. Ma, in fondo al suo cuore, Lidia Solano Herrera sa che ciò non conta molto. Lei non vuole riconoscerlo in foto, lo vuole riabbracciare. Ritrovare il suo Ismail. Se veramente non è quello della foto – è la certezza del procuratore capo di Belluno, Francesco Saverio Pavone – non le importa: «Dovete riportarmelo». Ieri sera, intervistata da Nicola Endimioni di Chi l'ha visto?, ha raccontato di non volersi arrendere, descrivendo le ultime ore con il suo bimbo e il suo rapporto con Ismar Mesinovic, il marito morto per l’Isis nel marzo dell'anno scorso.
Una storia d'amore trasformatasi in una tragedia nata nel 2009: lei lavorava a Cortina, l'ha conosciuto con un'amica in una lavanderia a gettoni di Ponte nelle Alpi. La sera stessa sono andati a ballare insieme in discoteca, all'Odissea di Spresiano. Un colpo di fulmine, altro che differenze culturali tra una cubana e un bosniaco.Si sposano poco dopo: prima con rito musulmano, poi con quello civile. E nasce Ismail. «L'ho visto l'ultima volta il 14 dicembre del 2013», racconta Lidia Solano Herrera. «Una data che non potrò mai dimenticare. Mi ricordo che gli ho fatto la doccia, gli ho tagliato le unghie, e lui era contentissimo perchè pensava che saremmo usciti insieme. Poi quando l'ho portato giù dalle scale e suo padre è venuto a prenderlo gli ha dato la mano, e l'ha seguito voltandosi. Mi cercava con lo sguardo. Quando è salito in macchina e ha capito che io non sarei andata con loro si è voltato e ha pianto. Ha pianto tanto. L'ho visto che cercava di uscire dal seggiolino, che tirava su la testa per cercarmi, voleva alzarsi e diceva “mamma, mamma”». Pensava che Ismar lo portasse a trovare i nonni, in Bosnia. Invece poi ha scoperto che il padre era andato a combattere in Siria, tra i ribelli del regime di Bashar al Assad. «L'ultima volta che l'ho sentito al telefono mi ha detto che stava giocando con lallo, il pallone. Gli piaceva tanto tirare calci al pallone. Adesso chissà con cosa giocherà».
Anche con il padre giocava molto, come dimostra la foto con Ismar a farlo saltare: «È stata scattata nel giardino di casa nostra, a Longarone. Ero lì vicino, stavo osservando la scena senza tanti pensieri, poi d'improvviso ho avuto paura perchè lo lanciava sempre più in alto, praticamente l'ho visto volare». L’altra foto che Lidia non riesce a dimenticare e quella con un bimbo vestito da guerrigliero, in sella a una motocicletta. «Questo è mio figlio, ne sono sicura. Quegli occhi sono i miei, quel naso pure. Io sono sicura, e ho sempre più paura». Non più per Ismar, che ha saputo morto in battaglia in nome dell’Isis: «Mi sembra impossibile che lui abbia fatto una cosa del genere, teneva troppo a suo figlio. Per lui provo un po' di compassione perchè mi ricordo com'era, e poi per la scelta che ha fatto. Ma non riesco a sentire odio, non riesco. Non è bello provare un sentimento del genere».
Suo marito è morto, suo figlio è scomparso. Lidia si appella con tutta la propria forza alle autorità, alle istituzioni, ma anche a chiunque potrebbe esser venuto in contatto con Ismail: «Vorrei chiedere a chi ha mio figlio di restituirmelo, di avere misericordia verso Dio e di farmelo riavere. Ismail è l'unico senso della mia vita, dovete capire che lui deve stare con me. Ascoltatemi, ridatemi Ismail».
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