Scuole, scoppia il caso libri Gratis o no, ma sia per tutti

L’assessore Valentina Tomasi ne fa una questione di principio visto che si parla di un settore pubblico. E gli enti locali hanno un fondo spesso non adeguato
Di Alessia Forzin
Articoli per la scuola in vendita in un negozio di Roma, in una foto d'archivio. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Articoli per la scuola in vendita in un negozio di Roma, in una foto d'archivio. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

BELLUNO. Se la scuola è pubblica, e il diritto allo studio sacrosanto, perché i genitori devono sobbarcarsi il costo dei libri di testo quando il proprio figlio arriva alle scuole medie?

La domanda è messa sul tavolo dall'assessore Valentina Tomasi. Solo per le elementari, infatti, i libri sono gratuiti. Poi si pagano. Esistono i “buoni libro”, risorse che il ministero mette a disposizione delle Regioni che a loro volta li girano ai Comuni per aiutare le famiglie in difficoltà a sostenere la spesa per l'istruzione dei propri figli, ma il fondo troppo spesso non è sufficiente per coprire tutte le richieste.

Le soluzioni che prospetta l'assessore Valentina Tomasi, che presto le illustrerà anche all'Anci, sono due: rendere gratuiti i libri di testo fino ai 16 anni (età in cui cessa l'obbligo dell'istruzione) oppure ridefinire il concetto di gratuità per le elementari.

«Partiamo dal presupposto che se parliamo di scuola pubblica e di diritto allo studio, questo servizio dovrebbe essere gratuito», spiega la Tomasi.

«Il “buono libri” funziona in base al modello Isee, dunque le famiglie in difficoltà vengono aiutate. Ma le risorse non bastano. Allora mi chiedo: se una famiglia può permettersi i libri quando il ragazzo inizia a frequentare le medie, perché non farle pagare anche quelli delle elementari, usando il modello Isee anche per la primaria? Oppure facciamo in modo che siano gratuiti anche i libri per le medie e le superiori».

Una provocazione, quella dell'assessore, tesa però a risolvere un problema che si manifesta e che ricade sui Comuni. Le risorse messe a disposizione per il “buono libri” non sono sufficienti, e le famiglie che non riescono a ottenerlo vengono aiutate dai servizi sociali dei Comuni. Razionalizzando le risorse a disposizione per i libri scolastici (tradotto: facendo pagare a chi può quelli delle elementari) si avrebbero più fondi per aiutare le famiglie che hanno figli che vanno alle medie e alle superiori. Il concetto di scuola pubblica, poi, si amplia quando si affronta il tema delle scuole dell'infanzia. I bambini dai 3 ai 6 anni frequentano asili che sono Fism (materne paritarie, private e di ispirazione cattolica) o statali.

A Belluno c'è un'ampia scelta, perché ci sono sette scuole paritarie e sei statali. Ma queste ultime non riescono ad assorbire tutte le richieste, con il risultato che molte famiglie sono costrette a rivolgersi alle scuole paritarie. Che sono sostenute dai contributi del Comune.

«È necessario ampliare l'offerta della scuola statale. E le scuole Fism dovrebbero essere sostenute dallo Stato, se parliamo di scuola pubblica», conclude l'assessore. Se n'è parlato giovedì all'Anci, dove si è deciso di intavolare un ragionamento con il Ministero. «È importante garantire alle famiglie la possibilità di scegliere in quale scuola dell'infanzia mandare il proprio figlio», chiude la Tomasi. «E per riuscirci è necessario ampliare l'offerta della scuola statale, che oggi non riesce a dare risposte a tutte le richieste che ci sono».

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