«Se l’Iva aumenterà ancora siamo rovinati»

Il presidente della Consulta Ascom Dal Pont critico sulle prossime novità. «Non ci saranno più soldi»
- Andrea Dal Pont titolare della Mela
- Andrea Dal Pont titolare della Mela

BELLUNO. Il previsto aumento dell’Iva dal prossimo primo luglio (passerà dal 21% al 22%) costerà alle famiglie in media fino a 103 euro all’anno, come ipotizza la Cgia di Mestre, calcolando l’incremento medio su una famiglia di 4 componenti (scende a 88 euro invece l’aumento per quelle con tre membri). Un salasso vero e proprio che non farà altro che contrarre ancora di più i consumi.

La denuncia arriva dal presidente della Consulta Ascom, Andrea Dal Pont che lancia l’allarme: «Tra Tares, Imu, aperture liberalizzate e con l’aumento dell’Iva molti esercizi commerciali sono destinati a chiudere. Ci sarà una moria anche nella nostra provincia. Per questo è necessario che il nuovo governo prenda in mano i provvedimenti del precedente esecutivo Monti e operi per rilanciare l’economia, per rimettere in tasca alla gente i soldi, e non per spogliarla sempre di più».

Per Dal Pont la situazione si sta facendo particolarmente pesante, soprattutto dopo le riforme della spending review e quelle imposte dalla legge di stabilità che ha depresso a suo dire ancora di più l’economia. «Due provvedimenti che non possiamo accettare: la liberalizzazione delle aperture festive e l’aumento dell’Iva sono dannose per l’economia. Aver tenuto aperto i negozi 24 ore su 24, sette giorni su sette, non ha portato benefici ma solo malumore e disagi per tutti, con un aumento dei costi. A questo poi si aggiunge l’incremento dell’imposta sul valore aggiunto dell’1% che significa non un aumento reale di questa entità ma della somma di tutti i passaggi che il prodotto segue prima di arrivare sulla tavola dell’utente finale. A cominciare dall’aumento del prezzo del carburante e dei costi di produzione dei singoli prodotti. Quindi quando poi la merce arriva al consumatore il suo prezzo è lievitato di ben oltre l’1%. E così la gente non spende più. La contrazione dei consumi pari al 4-5% si è registrata non solo nei piccoli negozi di generi alimentari o nei supermercati, ma anche nei discount anche se in maniera più lieve».

Il presidente della Consulta Ascom si sofferma poi su tutte le altre spese che un commerciante deve sostenere, a partire dagli affitti dei locali alla tariffa dei rifiuti, dalla Tares «di cui non si sa ancora nulla, se non che graverà ancora di più sui nostri conti oltre che su quelli di tutta la popolazione contraendo ancora di più la possibilità di spesa; e poi l’Imu. Insomma un vero e proprio salasso».

Ma Dal Pont critica anche la norma che ha previsto il pagamento dei fornitori entro 30 giorni. «Questo non ci ha certo favorito perché quel minimo di disponibilità di liquidità di cui potevamo godere, avendo i pagamenti un po’ più dilazionati nel tempo, ora non c’è più. Consideriamo che dobbiamo pagare per una merce che dobbiamo ancora vendere e il cui valore per i piccoli negozi si aggira sui 20-30 mila euro, mentre per quelli più grandi è di 100mila euro».

Il presidente della Consulta Ascom bellunese aggiunge a questi interventi negativi anche la tracciabilità dei pagamenti sopra i 1000 euro. «Questo non ha certo aiutato, costringendo molte persone ad acquistare all’estero dove questi limiti non ci sono e ciò sempre a scapito della nostra economia». (p.d.a.)

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