Sedico: «Quel condominio dell'Ater va demolito»

Regole e confini non rispettati: una signora vince una causa civile con l'ente dopo 20 anni
La signora Roberta De Bastiani indica i muri del condominio dell’Ater costruiti 20 anni fa a ridosso della sua casa in barba alle regole sui confini
La signora Roberta De Bastiani indica i muri del condominio dell’Ater costruiti 20 anni fa a ridosso della sua casa in barba alle regole sui confini
SEDICO. Aveva da poco compiuto 50 anni quando, un pomeriggio, al rientro a casa dal lavoro, trovò la rete della recinzione del cortile abbattuta ed un via vai di operai e camion che andavano e venivano dal cantiere. Senza che nessuno le dicesse nulla, un'impresa edile aveva iniziato i lavori di costruzione di un condominio dell'Ater, a ridosso della sua casa. Una porzione di quel condominio doveva essere ristrutturata, l'altra metà, venne eretta quasi dal nulla, occupando anche un "corridoio" verde, per rendere l'edificio un unico blocco. Ora Roberta De Bastiani, di Sedico, di anni ne ha 70. Negli ultimi 20 ha lottato, malgrado i tempi lunghi della giustizia, per vedere riconosciuti i propri diritti. Per protestare contro l'arroganza di chi iniziò i lavori senza nemmeno mostrarle prima uno straccio di progetto e per una questione di dignità. In 20 anni di braccio di ferro giudiziario, ha collezionato due sentenze favorevoli. L'ultima, quella della Corte d'Appello, conferma sostanzialmente la sentenza di primo grado del tribunale Belluno: la porzione del condominio Ater, eretta dal nulla, senza rispettare le distanze dalla sua casa, dovrà essere demolita, le finestre dell'edificio che danno sulla sua proprietà dovranno essere chiuse e le spese legali dovranno essere pagate dall'ente. Colei che ora ha tra le mani la sorte di un intero condomionio, dove vivono attualmente dieci nuclei familiari, in via Marconi, in centro a Sedico, è una signora dall'aspetto elegante ma dalla determinazione di ferro. Tenere duro di fronte ad un ente pubblico di edilizia popolare per vent'anni non è certamente semplice. Sfiancherebbe chiunque. Ma non lei. Ed ora, a meno che l'Ater non decida di andare fino in fondo e ricorrere in Cassazione, con ulteriori aggravi di spese legali, la signora De Bastiani ha la possibilità di far valere i propri diritti e rendere esecutiva la sentenza. A meno che il "colosso" Ater non si pieghi ed accetti di risarcire la donna con una congrua transazione. Una cifra che in tutti questi anni non s'è riusciti mai a quantificare. Un'incredibile storia, quella della signora De Bastiani. L'inizio della causa. La causa contro l'Ater di Belluno, all'epoca ancora Iacp, Roberta De Bastiani la inizia, assieme alla madre, il 22 febbraio 1991. Dopo aver chiesto spiegazioni al Comune di Sedico e dopo essere stata dissuasa dalle forze dell'ordine dal presentare denuncia, si rivolge ad un legale, l'avvocato Paolo Perera, che deposita la causa in tribunale a Belluno. Chi l'avrebbe mai detto che per arrivare al secondo grado di giudizio ci sarebbero voluti 20 anni? Nel frattempo sua madre è deceduta. Giustizia da calende greche. A leggere gli atti del procedimento viene la pelle d'oca. Basti pensare che ad un certo punto le parti sembravano essere sul punto di chiudere la causa con una accordo transattivo (ossia un risarcimento) a favore della De Bastiani. Poi però l'accordo salta e la causa prosegue: siamo all'ottobre del 2001, ossia 10 anni dopo l'inizio della causa. La sentenza di primo grado. La sentenza di primo grado arriva il 12 dicembre del 2005, quasi 15 anni dopo l'avvio della causa. Il giudice del tribunale civile di Belluno dà ragione alla signora De Bastiani e condanna l'Ater e la ditta costruttrice a demolire e arretrare una porzione di edificio fino al rispetto delle distanze oltre ad oscurare e chiudere le finestre della parte di condominio che dà sul cortile interno alla proprietà della donna. E ci sono anche le spese legali da pagare. Nuova "condanna" in Appello. Passano cinque anni ed arriva la seconda condanna. Stavolta in Appello. I giudici di Venezia (presidente Anselo Tosatti, consiglieri Marco Modena e Silvio De Luca) respingono il ricorso dell'Ater (accogliendo solo quello della ditta costruttrice che nel frattempo aveva risarcito la signora De Bastiani, colmando anche le "crepe" nella casa causate durante i lavori) e confermano la sentenza di primo grado. La quiete dopo la tempesta. A 20 anni esatti dall'inizio della causa civile la signora De Bastiani è ancora in attesa di giustizia. L'Ater ha preso tempo. Se scadranno i termini di un eventuale ricorso per Cassazione e non verrà accordata una congrua transazione, la signora De Bastiani potrà decidere di abbattere l'edificio, costruito a ridosso della sua proprietà, in barba ad ogni regola di confine. Vent'anni di braccio di ferro tra amarezze e la soddisfazione finale.

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