Sei migranti a Seren, Scopel protesta
Previsto l’arrivo in una casa privata di Rasai. Il sindaco: «Non è accoglienza, qui si tratta di interessi economici»
650 migrants, rescued in Mediterranean Sea off the Libyan coast, ready to disembark from Swedish ship Frontex in Catania, 1 July 2017. Nine migrants are found dead. ANSA/ORIETTA SCARDINO
SEREN DEL GRAPPA. Per mettere in pratica la vera rete dell’intergrazione diffusa provinciale, tutti i Comuni si dovrebbero attivare per accogliere i migranti, non soltanto quelli politicamente concordi. È in questa direzione che sta cercando di camminare gradualmente, progressivamente, la Prefettura di Belluno, che in Alano di Piave prima, in Seren del Grappa poi, ha individuato alcune delle zone aggiuntive a cui assegnare i nuovi richiedenti asilo in arrivo in provincia, per ridistribuire impegni e responsabilità. Sono 130 quelli ad oggi attesi su 650 attualmente ospitati in 24 Comuni su 64.
Ma come la sindaca di Alano Serenella Bogana martedì, anche il sindaco di Seren Dario Scopel scopre oggi le carte per svelare anche la sua posizione: «Probabilmente saranno collocati sei migranti in un abitazione privata vicino alla piazza di Rasai, concessa dal proprietario, non residente, ad una cooperativa (la Tempus, ndr) di Fonzaso. Si tratta di accoglienza? No, semplicemente di interessi economici per chi affitta e per chi gestisce l’accoglienza», sentenzia il primo cittadino.
«L’amministrazione ha manifestato da subito la propria contrarietà, ma tengo a precisare che non è il sindaco a decidere, ma la Prefettura».
Le ragioni dell’opposizione all’accoglienza, spiega Scopel, sono tre: «Perché esistono situazioni economiche molto difficili di famiglie serenesi o di anziani soli non in grado di pagarsi la retta della casa di riposo, contribuenti dello Stato italiano che meritano l’attenzione della politica, eppure lo Stato lascia il Comune solo di fronte a tali problemi. Come minimo dovrebbero essere dati anche a queste persone 35 euro al giorno per garantire equità di trattamento. Perché quella in atto è una situazione emergenziale perdurante, rispetto alla quale non vi sono idee né da parte della politica internazionale né sul fronte problema sociale che va prendendo forma. Infine perché le comunità vengono utilizzate a piacimento per i comodi dello Stato: prima tagliano in 5 anni il 40 per cento dei trasferimenti, poi collocano i profughi contro il parere di chi il territorio lo amministra. La nostra contrarietà però vale poco, perché non è il parere di un amministrazione eletta democraticamente che conta, ma ciò che lo Stato comanda».
La struttura destinata ad ospitare i migranti è stata ritenuta idonea da un sopralluogo dei vigili del fuoco di questi giorni. Si tratta di una vecchia casa sfitta da tempo.
«Sono favorevolissimo a questa accoglienza diffusa», esclama di contro Lino Di Sano, nuovo consigliere comunale di minoranza e membro del tavolo per il coordinamento della Rete immigrazione provinciale, nonché cittadino di Rasai che ospita da diverso tempo un richiedente asilo in casa propria.
«Spero che i miei concittadini si comportino umanamente», sottolinea Di Sano, «superando le difficoltà linguistiche e i preconcetti culturali. Mi impegnerò ad avere contatti con questi nuovi arrivati, anche perché la loro presenza sul territorio può essere assorbita senza traumi né problemi: non stiamo parlando di invasione, quindi non c’è motivo di avere paura. Questa è la politica giusta, purché venga seguita bene in tutte le sue fasi».
Non c’è ancora un data fissata per l’arrivo dei sei migranti a Rasai.
Francesca Valente
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