Seimila bellunesi potrebbero scegliere la via della pensione grazie a “quota 100”
Potrebbero essere quasi seimila i bellunesi interessati dalla “quota 100”, l’opzione introdotta dal governo con decreto, che permette di anticipare l’andata in pensione fino a cinque anni rispetto a quella di vecchiaia.
Le prime stime vengono dalla Cisl e dal patronato Inas dove da diverse settimane i centralini sono diventati incandescenti. Tantissime, infatti, le persone che chiamano per avere informazione sul sistema messo a punto dal governo per anticipare il pensionamento per chi risponde a determinati requisiti. Si tratta, però, di previsioni, anche perché in questi casi molto importanti saranno le valutazioni che ciascun lavoratore farà sulla necessità di lasciare tutto, in base ai conteggi del patronato.
La stima parte da un dato certo, cioè le richieste di pensionamento nel 2018 che ammontavano a circa 2.800 in provincia. Considerando che l’opzione prevista dal governo dovrebbe raddoppiare queste cifre, è facile pensare che i beneficiari potenziali potrebbero essere quasi seimila.
Già dal primo aprile si inizieranno a vedere le prime uscite tra i dipendenti privati, dal primo agosto tra quelli pubblici. «Ancora non ci sono cifre certe», precisa Stefano Gris, responsabile del patronato Inas Cisl Belluno-Treviso. «Dobbiamo attendere i decreti attuativi e che l’Inps modifichi i programmi, per poter accogliere anche queste domande. Ci auguriamo che tutto questo avvenga velocemente perché i tempi iniziano ad essere stretti, se i primi devono andare in pensione il primo aprile». Per ora i patronati si limitano a prendere appuntamento e «a controllare la posizione contributiva per evitare sorprese al momento dell’avvio della procedura vera e propria», sottolinea Gris.
A beneficiare della “quota 100” sono tutti i lavoratori, sia del settore pubblico che privato, che abbiano almeno 62 anni di età e un’anzianità contributiva pari a 38 anni. «Quota 100», ci tiene a precisare il responsabile dell’Inas, «non è cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo, dal primo giorno di decorrenza fino al raggiungimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia. È, invece, cumulabile con i redditi da lavoro autonomo occasionale, per un massimo di 5.000 euro lordi l’anno».
Di fronte a questi paletti, la sensazione è che ad usufruire maggiormente di questa uscita saranno i dipendenti pubblici, perlopiù donne. Qualche riserva c’è sull’uscita dal lavoro dei professionisti, come i medici, visto che non potranno esercitare attività autonoma o libero professionale fino ad un massimo di 5000 euro all’anno.
«Molti dipendenti comunali si stanno informando in queste settimane», sottolinea Gris.
Ci sono molte richieste anche per l’Opzione donna che prevede l’uscita dal mondo del lavoro fino a 9 anni rispetto alla pensione di vecchiaia se una persona ha 35 anni di contributi e 58-59 di età.
«Resta in questo caso il rischio di una riduzione abbastanza consistente dell’assegno. Si parla di un 30% in meno. Ma ugualmente molte donne hanno chiesto di poter avere i conteggi per capire se conviene o meno aderire a questa opportunità».
Resta ancora da capire, invece, quanti faranno domanda per il reddito di cittadinanza.
Molti chiamano i centri di assistenza fiscale per capire se potrebbero rientrare nei casi previsti dal governo in base all’Isee. Da una prima stima si pensa ad oltre tremila bellunesi. —
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