Sempre più rischioso fare i medici, al via i corsi di autodifesa

La denuncia dello Snami: «Molte dottoresse si fanno accompagnare da papà o mariti nelle visite a casa»
In tempi record sono stati ultimati i lavori di messa in sicurezza deisoffitti del quarto piano, ala est, dell'ospedale di Conegliano, interessatidalla caduta di alcuni calcinacci lo scorso 30 marzo. Dal 3 giugnoambulatori e Day Surgery saranno nuovamente operativi nella loro sede - Un ambulatorio di Chirurgia all'ospedale civile
In tempi record sono stati ultimati i lavori di messa in sicurezza deisoffitti del quarto piano, ala est, dell'ospedale di Conegliano, interessatidalla caduta di alcuni calcinacci lo scorso 30 marzo. Dal 3 giugnoambulatori e Day Surgery saranno nuovamente operativi nella loro sede - Un ambulatorio di Chirurgia all'ospedale civile

BELLUNO. Costrette a farsi accompagnare da fidanzati, mariti o anche padri in pensione alle visite che effettuano durante il turno di guardia medica, per paura di qualche aggressione da parte dei pazienti.

Diventa sempre più difficile fare il medico anche in provincia di Belluno, soprattutto se si è una donna. Ne è convinto lo Snami, il sindacato dei medici di famiglia presieduto da Roberto Sernaglia (da qualche giorno riconfermato per la seconda volta nel suo incarico sindacale) che intende organizzare un corso di autodifesa, precisamente di krav maga (una disciplina messa a punto qualche decennio fa dagli israeliani) proprio per i camici bianchi.

«Sempre più spesso, ormai, si creano delle condizioni di tensione tra medico e paziente anche all’interno degli ambulatori», precisa il presidente dello Snami, Sernaglia, «perché come medici di famiglia dobbiamo sottostare alle indicazioni che arrivano dalla Regione Veneto su diversi ambiti, tra cui quello sul fronte delle prescrizioni dei farmaci, delle visite, e anche sui tempi per eseguire un accertamento. E allora non tutti i nostri assistiti comprendono questa situazione e allora si generano delle discussioni accese».

Ma la situazione più preoccupante è svolgere l’attività della guardia medica, del medico cioè che entra in turno dopo le 20 nei giorni feriali e per tutta la giornata nei festivi e le domeniche. Questi professionisti sono costretti a muoversi nel territorio bellunese, raggiungendo anche paesini sperduti e isolati, soprattutto durante le ore notturne per portare soccorso ai pazienti in difficoltà. Entrano nelle case per le visite e molto spesso non sanno cosa li può attendere, una volta varcata la soglia di un’abitazione.

A spiegare meglio la situazione è Gianluca Rossi, medico di famiglia, anche lui aderenti allo Snami, da anni tutor universitario per i laureati in medicina che devono affrontare l’esame di Stato per esercitare la professione. «Ho conosciuto molte dottoresse che rinunciano a fare le guardie mediche perché temono di trovarsi in situazioni pericolose e rischiose durante la notte. E alcune di loro, molto spesso, chiedono al papà, oppure al marito o al fidanzato di accompagnarle nei loro giri di visite nelle case dei pazienti per una maggiore sicurezza. Gli uomini attendono in auto e se non vedono ritornare la dottoressa dopo un certo tempo concordato, allora iniziano a chiamarle. Una paura», precisa Rossi, «che è comprensibile se si pensa che queste dottoresse devono raggiungere spesso frazioni isolate dove non c’è praticamente nessuno. Per questo, come avevamo già proposto una decina di anni fa, anche quest’anno abbiamo pensato di organizzare un corso di autodifesa». Si tratta di poco meno di una decina di lezioni che partiranno ad aprile nella palestra dell’ospedale ubicata negli ex spazi della psichiatria, e che vuole offrire i rudimenti per l’autodifesa, cioè di quelle semplici azioni per sfuggire ad una eventuale aggressione.

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