Senza il vaccino e il Green pass 4.500 over 50: fabbriche e uffici a rischio attività nel Bellunese

Sindacati e Confindustria in allarme, martedì la prova del nove. «Alcuni lavoratori si sono licenziati per non fare la puntura»

Francesco Dal Mas
Un operaio del settore metalmeccanico
Un operaio del settore metalmeccanico

BELLUNO. Sono ancora 4.500 gli over 50 che non si sono immunizzati e che da oggi, pertanto, dovranno rimanere a casa dal lavoro. «Erano molti, molti di più, ma in queste settimane tanti hanno provveduto a vaccinarsi», afferma Alessandro Cinquetti, direttore del Dipartimento Prevenzione dell’Ulss1 Dolomiti.

Da martedì infatti, non si può entrare in fabbrica, in ufficio, in negozio con il pass dato dal solo tampone. C’è l’obbligo della vaccinazione o della guarigione. Ed ecco la conferma che si temeva: tra i neo possessori del super Green pass pare ci siano molti operai ed impiegati che si sono fatti contagiare per beneficiare di questa opportunità, bypassando l’obbligo. E ce ne sono altri, invece, che, al contrario dei primi, hanno dato le dimissioni dal lavoro. E chi, più semplicemente, ha accettato la sospensione senza stipendio, potendo evidentemente contare su qualche alternativa.

Ecco, alla vigilia, i sindacalisti sono a dir poco sconcertati di fronte ai comportamenti più sorprendenti. Martedì non si entra al lavoro se non si è vaccinati o guariti dal Covid da non più di sei mesi, qualora si abbia maturato un’età superiore ai 50 anni.

«Sono tanti, per la verità, i motivi della sorpresa», ammette Stefano Bona, segretario provinciale della Fiom Cgil. «Per prima cosa non riesco a darmi ragione, sarà un mio limite personale, della conferma dell’obbligo vaccinale nel momento in cui la stretta della pandemia sia sta allentando: via la mascherina all’aperto, ma in fabbrica solo con l’immunizzazione».

Per Bona, altro punto di sorpresa, di interrogazione personale («ma non solo»), è la circostanza che taluni lavoratori, pur di non vaccinarsi, hanno cercato ed evidentemente trovato il contagio. «Tanti si sono infettati per caso, ma alcuni», conferma Bona, «di sicuro hanno cercato il contagio. Ma le perplessità non le ho solo a riguardo dei loro comportamenti, anche delle misure (non) adottate, nel senso che l’obbligo vaccinale poteva essere assunto per tutti».

Bisognerà aspettare quest’oggi per capire quante persone mancheranno nei posti di lavoro, perché non si sono immunizzate. Il 5, forse l’8%, stando alle stime delle ultime ore? Quattromila assenze sarebbero davvero tanti, seppur distribuite tra il privato e il pubblico, nella manifattura e nei servizi. «No, prevediamo percentuali più contenute», afferma Andrea Ferrazzi, direttore di Confindustria Dolomiti. «Sta di fatto, però, che se a queste assenze sommiamo quelle date dai contagi, dalle positività e dalle quarantene, possono risultare numeri che, ancorchè contenuti, rischiano di mettere in difficoltà le diverse attività, soprattutto quelle più piccole».

In questa prospettiva Milena Cesca, che per la Cisl segue il settore dell’occhialeria, confessa un’altra preoccupazione. «Mi consta che molti lavoratori, anche con contratti a tempo indeterminato, hanno dato le dimissioni, magari proprio per non farsi vaccinare o anche solo tamponare. Lavoratori di ogni età, giovani comunque in maggioranza. Persone che magari avevano un’alternativa, ma anche con lo spettro della disoccupazione davanti a loro. Per me è ancora qualcosa di davvero inspiegabile», riferisce la sindacalista.

Rosario Martines segue il medesimo comparto per conto della Uil. «Io come tanti ci siamo vaccinati, ma so di lavoratori», conferma, «che hanno deciso di rimanere a casa, sospesi dal lavoro, piuttosto che immunizzarsi. Possono farlo, evidentemente. Sono pochi, ma il numero è comunque significativo».

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi