«Senza la cooperativa, avrei chiuso da anni»

Roberto Cecconi è friulano di Forni Avoltri, ogni due giorni arriva a Sappada per conferire

SAPPADA. Roberto Cecconi arriva con il trattore a Sappada ogni due giorni e di buon mattino per conferire il suo latte friulano a Lattebusche. Lo fa da cinque anni, «perché all'epoca le cose in Friuli non andavano bene, c'era molta invidia, la materia prima veniva pagata poco e i sostegni economici scarseggiavano. Ormai non torno più indietro, anche se me l'hanno proposto», ammette, «i soldi qui sono pochi ma buoni, e se serve ti arrivano anche in anticipo. Lattebusche in questo è una garanzia: senza la cooperativa io avrei chiuso da anni. Per questo ho aperto una ditta boschiva, per far fronte a tutte le spese, anche se mi costa una gran fatica».

Roberto fa l'allevatore da una vita: «Ho iniziato a lavorare in malga a 9 anni, poi sono entrato come dipendente e a 20 anni sono diventato titolare d'azienda. Questo è un lavoro che si fa soltanto per passione, perché non ha orari fissi, è stancante e non è pagato abbastanza».

La sua stalla si trova nella vicinissima Forni Avoltri e accoglie una cinquantina di vacche, più una trentina da rimonta. Il suo latte, non essendo locale, non può essere trasformato per fare quei prodotti connotati come interamente “bellunesi”, come il latte Alta Qualità o il Piave Dop. Non sono molti i produttori della provincia che hanno il merito e il privilegio di finire in quel serbatoio, possono farlo soltanto grazie alla qualità del loro munto. A ripagarli è la stessa Lattebusche con una quota percentuale superiore.

Nicola Dal Forno il latte lo munge anche dalle Capre dell'Antelao, che hanno dato poi il nome alla sua azienda agricola di Pozzale di Pieve di Cadore: ne ha 25, più 9 vacche, 2 asini, 2 cavalli, 17 manze da carne e una ventina di maiali. Lui non conferisce a Lattebusche, perché la sua attività prevalente è la vendita degli insaccati e dei formaggi che produce nel suo piccolo laboratorio agricolo, nel 2014 è arrivata la gestione dell'agriturismo “La Pausa”, dove la moglie lavora come cuoca. «Le nostre vacche vanno tutte al pascolo», racconta il giovane, «il nostro è un latte non pastorizzato, lo vendiamo direttamente crudo perché crediamo nella qualità del nostro prodotto».

È lui ad occuparsi di vendere nei mercati e nelle fiere: «Indubbiamente bisogna saperlo fare e devo dire che grazie a questa piccola filiera lattiero-casearia, oltre che salumiera, non ho risentito per nulla della crisi del latte».(f.v.)

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