Senza medici, chiude il punto nascite di Pieve

Mancano ginecologi: da giovedì 27 il reparto sarà inattivo. Garantite la routine ambulatoriale in orari determinati e l’ostetrica h 24

PIEVE DI CADORE. Un altro colpo al cuore alla montagna. La direzione strategica dell’Usl 1 ha deciso di chiudere il punto nascite dell’ospedale di Pieve di Cadore a partire da giovedì 27 ottobre. Tutti i parti, sia naturali che chirurgici, e le emergenze dovranno essere gestite a Belluno. Una decisione dettata dalle difficoltà dell’Usl 1 a reperire ginecologi.

Già ai primi di settembre, il direttore generale Adriano Rasi Caldogno, di concerto con il direttore sanitario Giovanni Pittoni, aveva dovuto ridurre l’attività del punto nascite cadorino per la carenza di medici. Il mese scorso era stato deciso di mantenere l’attività soltanto in orario diurno, dalle 8 alle 20, garantendo la reperibilità di un medico nelle ore serali e notturne (cioè dalle 20 alle 8). Ora, però, neanche questa soluzione potrà essere sostenuta. «A metà ottobre, purtroppo, altri due ginecologi se ne sono andati e così non ci è più possibile tenere aperto il reparto di Pieve di Cadore», sottolinea il direttore sanitario Pittoni.

D’altro canto, le difficoltà cominciano a minare anche l’attività dell’Unità operativa complessa di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale di Belluno, chiamata a gestire i propri turni con soli otto medici a disposizione, compreso il primario. Non potendo quindi più spostare il personale del San Martino a Pieve, l’Usl 1 ha dovuto arrendersi.

Da giovedì 27, quindi, il punto nascite non sarà più attivo. «Saranno presenti soltanto un ginecologo per l’attività ambulatoriale (dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 17) e una ostetrica h24», conferma Pittoni, che aggiunge: «Questo è quanto riusciamo a fare con le forze a nostra disposizione e garantendo la sicurezza alle pazienti. Anche perché l’attività di Ginecologia è una delle più delicate».

Il direttore sanitario prova a placare i timori del popolo della montagna: «Si tratta di un provvedimento provvisorio, in attesa che si concluda il concorso che abbiamo indetto: le prove si terranno il 2 e 3 novembre. Abbiamo già una trentina di candidati. Speriamo che si presentino alle prove in gran numero e che ci siano delle professionalità da poter assumere». «Già», interviene Rasi Caldogno, «perché abbiamo avuto l’autorizzazione da parte della Regione Veneto di assumere sette ginecologi. Speriamo di poterlo fare al termine del concorso. Se tutto dovesse filare via liscio, entro un mese potremo far ripartire l’attività in Cadore».

Di fronte alla notizia, insorge il sindaco di Pieve, Maria Antonia Ciotti, che da anni si batte in difesa del punto nascite. «Bene, questa è la prima operazione dopo l’unificazione delle due Usl. Un’operazione cche mette in dubbio anche i livelli essenziali di assistenza. Ciò che appare chiaro sono le bugie del nostro governatore Zaia: ci ha promesso e ripromesso che il punto nascite sarebbe rimasto in Cadore e invece, a neanche 60 giorni dal suo proclama, il reparto viene chiuso. Siamo indignati di fronte a questo ennesimo attacco alla montagna».

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