Senza pediatra, l’odissea di un bambino in Cadore
PIEVE DI CADORE. Gianni Vecellio è il nonno di un bambino di tre anni e mezzo protagonista involontario di una vicenda che ha messo a nudo, semmai ce ne fosse stato bisogno, tutte le difficoltà che vive oggi la sanità cadorina. I fatti risalgono alla notte tra mercoledì e giovedì quando il piccolo, che vive a Pieve con i suoi genitori, ha accusato un malessere sfociato presto in continui attacchi di vomito e diarrea.
«In assenza di un pediatra in grado di coprire la condotta rimasta vacante dopo la prematura scomparsa del dottor Rebeschini, come prima cosa abbiamo contattato il nostro medico curante che molto onestamente, dichiarandosi non preparato in materia, ci ha consigliato di recarci all’ospedale di Pieve», racconta Gianni Vecellio, «purtroppo però in ospedale in questo momento il pediatra è disponibile solo tre giorni a settimana e nella notte tra mercoledì e giovedì non c’era. Allora abbiamo provato a contattare l’ospedale di Belluno dal quale però ci hanno risposto che consulenze telefoniche non se ne fanno per motivi di privacy, invitandoci a portare il bimbo direttamente al San Martino. L’odissea è durata più o meno dodici ore senza una soluzione, fino a quando il bambino intorno alle due del pomeriggio di giovedì ha superato da solo il malessere tornando tranquillo».
Un calvario di dodici ore dalle quali risalta l’assenza di un supporto specialistico in grado di diagnosticare il malessere al piccolo. «L’unico aiuto è arrivato da un mio caro amico medico pediatra, che risiede in un’altra provincia italiana e che ho provveduto a contattare per avere un consiglio sul da farsi», prosegue Vecellio, «ancora oggi non sappiamo infatti di cosa si sia trattato nello specifico non avendo avuto ancora l’opportunità di approfondire bene la situazione. Il bambino è ancora un po’ debilitato e un viaggio stressante in automobile fino a Belluno ci è stato sconsigliato».
Una vicenda fortunatamente a lieto fine, con il bambino che sta bene, ma le conseguenze in presenza di una patologia diversa e più grave sarebbero potute essere drammatiche.
Nel frattempo è trascorso un mese dalla morte del dottor Rebeschini ed il distretto Usl a cui fanno capo i paesi di Pieve, Domegge, Calalzo, Valle, Perarolo e Cibiana non ha un medico pediatra esponendo a rischi circa 850 bambini.
Dalla vicenda raccontata inoltre emerge la realtà: attualmente la cura dei bambini è affidata, seppur temporaneamente, ai medici di base che dal canto loro, non avendo la dovuta preparazione in materia, difficilmente si assumono responsabilità che in questo caso sono anche rilevanti.
«La cosa grave è che l’ospedale di Pieve, un tempo considerato un gioiellino sotto ogni punto di vista, oggi non ha a disposizione, durante ogni notte, uno specialista per curare un virus di un bambino», conclude amaramente Gianni Vecellio.
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi