Serman, entro marzo i pagamenti
PIEVE D’ALPAGO. Tra febbraio e marzo i 35 dipendenti della Serman Energy (da ieri ufficialmente licenziati) potranno ricevere i loro compensi, quegli stipendi che non vedono da sei mesi.
È stata una mattinata intensa quella di ieri a Pieve d’Alpago per gli ormai ex lavoratori della ditta, che all’improvviso ha dovuto chiudere i battenti.
Il ritrovo era fissato per le 9.30, con il curatore fallimentare che ha fatto firmare ai singoli dipendenti le lettere di licenziamento. Lettere che permetteranno ora ai 35 ex lavoratori di potersi iscrivere nelle liste di mobilità e ricercare, dopo cinque mesi di attesa, un nuovo impiego. Certo non sarà facile in queste condizioni, ma i lavoratori non si abbattono e sono fiduciosi.
Il curatore fallimentare ha spiegato ai 35 convenuti come la ditta avanzi ancora molti crediti; sarà suo compito cercare di recuperare per pagare così quanto spetta ai primi creditori: i dipendenti.
«Tra febbraio e marzo, quindi, se il recupero di queste somme dovesse andare a buon fine, il curatore potrà corrispondere i soldi ai dipendenti, mentre da ottobre sarà già pagata la mobilità», precisa l’avvocato Erminio Mazzucco, che ha preso in mano qualche mese fa la vicenda.
Il 20 dicembre, invece, è fissata la prima udienza al tribunale di Belluno per l’insinuazione del passivo, cioè per presentare i conti della ditta tra passivi e attivi e con il numero di tutti i creditori.
Chiusa definitivamente la partita della Serman Energy, per i dipendenti ora si apre la ricerca del nuovo impiego. «Quando abbiamo firmato le lettere di licenziamento, ci siamo guardati in faccia, perché abbiamo compreso che per noi comincerà una nuova sfida», precisa Dario Battistel, uno dei 35 da ieri in mobilità. «Abbiamo tante idee, ma per ora non c’è niente di concreto per nessuno di noi. Sicuramente, però, la giornata di ieri l’attendavamo da tempo, proprio per poter essere liberi di andare per la nostra strada, cosa impossibile finché non venivamo licenziati. Siamo dispiaciuti per quanto accaduto, come comprensibile, visto che restiamo senza un lavoro, ma siamo da un lato sollevati, perché siamo usciti da una situazione per certi versi assurda. Ci resta un’amara consapevolezza: se abbiamo dovuto attendere sei mesi per arrivare all’appuntamento odierno, quanto avremmo dovuto aspettare, se non avessimo protestato davanti al tribunale chiedendo di fare in fretta?». (p.d.a.)
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