Serman: «Protesta davanti al tribunale»

PIEVE D’ALPAGO. «Da quattro mesi siamo senza stipendio, la nostra ditta è in liquidazione, ma di noi nessuno si preoccupa. Il tribunale dovrebbe decidere sul nome del curatore fallimentare ma il tempo passa e non sappiamo niente, Eppure in gioco ci sono 35 persone che rischiano di perdere, oltre agli ammortizzatori sociali, anche la possibilità di cogliere altre opportunità di impiego». I lavoratori della Serman Energy di Pieve d’Alpago sono molto preoccupati «ma anche amareggiati per quello che sta succedendo, o meglio per quello che non sta succedendo. Non possiamo stare nel limbo per sempre, abbiamo delle famiglie da mandare avanti», dicono Dario Battistel, Paolo Fagherazzi a nome del gruppo dei lavoratori.
La società che produce turbine e il cui mercato pare “tirare” molto in questi anni, due mesi fa ha portato i libri in tribunale con la richiesta di autofallimento, senza chiedere la mobilità per i suoi 35 dipendenti. Lavoratori che al momento sono ancora della Serman Energy, ma che di fatto sono senza lavoro.
«Lì per lì sembrava che il tribunale del lavoro di Belluno dovesse decidere sul nome del curatore fallimentare nel giro di una quindicina di giorni, poi qualcuno ci ha detto che sarebbero serviti due mesi. Beh, i due mesi sono passati, ma siamo punto e a capo. Ci hanno messo in ferie, ma da tempo ormai le abbiamo finite. Per tutte queste settimane che siamo a casa senza alcuna copertura, i contributi ci verranno riconosciuti?», si chiedono i lavoratori, che temono che i tempi della giustizia possano slittare a dopo l’estate, lasciandoli ancora una volta nel limbo.
«Non sappiamo più a che santo rivolgerci», dicono tra l’arrabbiato e l’amareggiato. E sono tante le domande che queste persone, tutti tecnici specializzati, si pongono; domande che, purtroppo, restano senza risposta. «Dietro a ognuno di noi c’è una famiglia, ci sono i conti da pagare. Per molti di noi lo stipendio della Serman Energy era l’unica entrata della famiglia. E ora ci troviamo in serie difficoltà, con i figli da mandare a scuola e tutte le spese da sostenere», dice Fagherazzi.
I dipendenti le stanno provando tutte per attirare l’attenzione sulla loro situazione. «Il problema è che siamo relativamente pochi. Se fossimo stati centinaia allora tutto sarebbe stato più rapido. Ci siamo rivolti al Prefetto e alla Provincia, ma anche loro hanno le mani legate. Per cercare di smuovere la situazione non ci resta che manifestare davanti al tribunale».
I lavoratori sono preoccupati anche per la crisi della giustizia. «Non vorremmo che la carenza di personale facesse slittare ulteriormente la decisione sulla nostra vicenda. Chiediamo al giudice di Belluno che faccia presto: diverse aziende avrebbero potuto assumere a tempo determinato alcuni di noi, ma abbiamo dovuto rinunciare perché non siamo in mobilità. E così perdiamo occasioni e per noi ricollocarci diventa sempre più difficile».
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