«Serve un regista per gli eventi in centro»

Per Massimo Capraro è necessario riscoprire l’identità di Belluno, coordinando i soggetti che organizzano appuntamenti
Di Alessia Forzin

BELLUNO. Il centro storico si sta suicidando? «Direi piuttosto che sta soffrendo, è innegabile. Ma la soluzione non sta nel rimettere i parcheggi in piazza dei Martiri. Penso sia necessario un progetto complessivo, con un regista. Una persona che decida, mediando fra tutte le istanze che arrivano dal territorio».

A entrare nel dibattito sul futuro del capoluogo avviato da don Rinaldo Sommacal è Massimo Capraro, imprenditore e residente nel cuore della città. Uno che Belluno la conosce bene, visto che da anni la vivacizza con una serie di iniziative molto seguite.

Condivide le parole di don Rinaldo? Pensa che Belluno si stia suicidando?

«Penso che il centro storico stia soffrendo. Nonostante i soggetti che partecipano alla vita cittadina non abbiano diminuito l’intensità della loro attività, la percezione che si ha è di una città che sta tirando i remi in barca. Lo spopolamento è evidente, sia di residenti che di persone che vivono il centro storico pur non abitandoci, di conseguenza soffrono le attività commerciali».

A cosa è dovuto questo spopolamento?

«Un fattore è stato la chiusura delle caserme. Se guardiamo più indietro, anche una politica di edilizia scolastica che ha portato i plessi fuori dal centro storico. Inoltre si è perso quel gusto di fare comunità, di passeggiare, piacere che si risveglia solo in certi momenti. Trovo assurdo che i giovedì sera d’estate la piazza di Belluno sia affollata e i venerdì sia deserta. La vedo come una sconfitta, in una città capoluogo di provincia».

Quindi la colpa della poca vivacità del centro è anche un po’ dei bellunesi?

«Penso che una passeggiata in piazza, durante la settimana, in luglio e in agosto possa essere una piacevole abitudine, che si è persa».

Dipende anche dal problema dei parcheggi?

«Secondo me quaranta posti auto in più davanti al liston non darebbero alcun apporto per risolvere il problema del centro deserto. Piuttosto, mettiamo sul tavolo un discorso più ampio sul tema. Tutti gli stalli a pagamento si trovano in centro storico e questo probabilmente dissuade molti bellunesi a frequentarlo. Se si deve fare un acquisto, si preferisce andare nei centri commerciali, o nei negozi che ci sono in periferia, dove il parcheggio è gratuito. Non si capisce come mai la parte di stalli ad uso pubblico davanti ai grandi supermercati sia gratuita, per esempio. Nè si capisce perché si possa posteggiare liberamente nelle piazze a Cavarzano, Castion, davanti allo stadio. Perché questa regola non viene messa in discussione?».

Il sindaco dice che i commercianti la pensano in modo diverso sul tema e che dovrebbero esprimere una posizione comune.

«Però il sindaco è lui e a lui spetta mediare. Se io ho qualcosa da dire, anche attraverso una raccolta firme che esprime una posizione diversa rispetto a quella dei miei colleghi, ho il diritto di farlo. Lui dovrebbe decidere, sulla base delle richieste che gli arrivano, anche se il tema capisco sia delicato».

Un altro elemento che rende poco vivo il centro, così sostengono alcuni esercenti, è il fatto che i residenti si lamentano quando vengono organizzate alcune iniziative.

«Va sempre trovato un compromesso, ma non penso che il silenzio costante sia una bella prospettiva. Ci sono dei momenti in cui la città vive e i cittadini che la abitano dovrebbero godere di queste situazioni. Purtroppo oggi pare esserci poca tolleranza nei confronti di tutto, si pretende rispetto ma dovrebbe esserci da entrambe le parti in gioco, mentre osservo stia crescendo la pretesa di non essere vittima di alcun “sopruso”».

Le iniziative che vengono fatte per animare la città servono allo scopo?

«In questa città abbiamo la fortuna di avere molti soggetti che organizzano iniziative, ma un progetto serio di animazione deve essere condiviso. Invece vedo che manca un disegno complessivo. Perché non troviamo un tema e sviluppiamo una strategia, anche comunicativa, per promuovere la città? Fare un calendario non è sufficiente per dire che c’è un coordinamento».

Sta dicendo che manca una politica strategica?

«Dico che si deve partire da un progetto, individuando l’identità di questa città. Poi si fa un calendario e lo si promuove. Non discuto sulle iniziative come Pesce e prosecco o il mercatino francese, ma riusciamo ad organizzare, una volta, una festa del pastin, o dei formaggi delle nostre latterie? Dobbiamo riscoprire la nostra identità».

Cosa pensa del manager sollecitato da Valacchi?

«Non so se sia il manager la figura giusta, ma di sicuro serve una persona che decida. Basta con i tavoli cui partecipano venti, trenta persone, e in cui non si decide nulla. Sono vent’anni che a Belluno c’è una mancanza di organizzazione. Ora è necessario che qualcuno, anche un amministratore, si assuma il compito di decidere, facendo da regista al progetto per la nostra città».

Lei dice che Belluno sta soffrendo. Qual è la medicina che prescriverebbe?

«Dobbiamo arrenderci al fatto che Belluno non tornerà quella degli anni ’80 né degli anni ’90. Il mondo è cambiato e don Rinaldo ha tolto il coperchio ad una pentola in ebollizione. Bisogna trovare la chiave per mettere a frutto tutte le competenze dei soggetti che fanno qualcosa per questa città, che sono molti e molto attivi. A Belluno serve un progetto e un nuovo equilibrio, che preveda anche una revisione dell’accessibilità al centro storico».

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