«Serve una cultura assicurativa»

L’appello della presidente di Dolomiti Emergency a chi frequenta la montagna

BELLUNO. Sono ancora troppi i frequentatori della montagna a essere privi di assicurazione.

«Secondo i dati del 2015 del Soccorso alpino, il 95% delle persone soccorse non era coperto da alcuna assicurazione», fa presente Laura Menegus, presidente di Dolomiti Emergency, che già ieri ha messo in primo piano questa allarmante problematica e ora rinnova l’appello affinché le persone provvedano ad assicurarsi.

«Dovrebbe diventare una operazione automatica, come assicurare l’autovettura», commenta ancora.

«Associarsi a Dolomiti Emergency, garantendosi quindi una polizza assicurativa che copre i costi del soccorso, costa 22 euro all'anno; 10 euro per i minori e 14 per persone appartenenti a enti convenzionati. Con 8 euro in più si assicura anche il proprio cane, grazie alla garanzia “amico fedele”. Perché scegliere Dolomiti Emergency? Perché non è a scopro di lucro e reinveste l'utile in servizi legati sempre all'emergenza per la comunità. Copre inoltre qualsiasi attività si svolga, quindi non solo in montagna, e in tutta l'Europa geografica».

«Una delle nostre missioni è quella di diffondere sempre più la cultura assicurativa», aggiunge la Menegus, che tiene a fare alcune precisazioni in merito al prontuario approvato dalla legge regionale 33 del 2011. «Un prontuario che distingue gli interventi tra sanitari e non sanitari», sottolinea. «Nel caso dei non sanitari, l'intervento viene interamente rimborsato se la persona non è coperta da assicurazione. Se l’operazione è a carattere sanitario, invece, si suddivide tra effettuata in ambiente impervio oppure no: in questo secondo caso il Sistema Sanitario nazionale copre in toto. Se l’ambiente è invece impervio - e l'elenco è specificato nella legge - il privato non coperto da assicurazione può rimborsare al massimo 500 se interviene l'elicottero, più altri 250 euro se è necessaria anche un’operazione del Soccorso alpino, che opera comunque a livello volontario».

Martina Reolon

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