Sessantasei furti in quattro mesi, due anche a Belluno. Presi tre albanesi

Hanno colpito in via Fant e via Vittorino Da Feltre: recuperata refurtiva per un milione di euro in totale

BELLUNO. Sessantasei furti in meno di quattro mesi in ville e abitazioni, dal 5 novembre 2018 al 17 febbraio di quest’anno, un bottino in lingotti d’oro, contanti, orologi e gioielli che sfiora i due milioni di euro: sono i numeri finora accertati della banda che ha imperversato nelle province di Pordenone, Treviso e Belluno fino all’arresto, il 21 febbraio scorso.. Numeri destinati a lievitare ancora secondo il questore di Pordenone, che ieri ha fatto il punto sull’operazione “Predoni”, giunta alla seconda puntata. Con la nuova ordinanza firmata dal gip sono stati attribuiti altri trentatrè furti aggravati al trio di nazionalità albanese composto da Darjel Prushi, 26 anni, Edmond Et Hemaj, 34 anni, entrambi domiciliati a Conegliano e Nikoll Dobrozi, 26 anni, senza fissa dimora. La polizia è persuasa che dalle indagini potrebbe emergere il coinvolgimento del terzetto albanese in altri colpi.

«I delitti consumati – ha scritto il giudice nell’ordinanza – sono sintomo che gli indagati non sono capaci di governare le loro inclinazioni criminali. Trattasi di tre malavitosi disoccupati che all’evidenza traggono dai furti il necessario al loro sostentamento(...). I coindagati hanno poi dimostrato elevata pericolosità sia per la frequenza delle incursioni predatorie, concentratesi in un arco temporale ristretto e in una zona geografica limitata, rilevatrice di compulsività criminale».

Colpivano all’imbrunire e di notte, a bordo di una capiente Renault Espace presa a noleggio da Prushi a Milano, a bordo della quale sono riusciti a caricare anche armadi blindati (che custodivano lingotti, fucili e pistole).

Nelle intercettazioni hanno manifestato l’intenzione di usare le pistole in loro possesso, qualora fossero stati sorpresi a rubare nelle abitazioni. Ai tre giovani albanesi è stata contestata anche la detenzione illegale di armi comuni da sparo.

Erano in grado di mettere a segno fino a quattro furti ogni sera, come il 15 febbraio scorso quando hanno razziato quattro case a Pordenone, nelle vie Revedole, Pellico, Colvera, Maroncelli. Risale al 2 febbraio il tris di furti a Conegliano: via XXIV Maggio, Settembrini, Veronese. A Conegliano hanno colpito anche l’8 novembre in via Marcantoni, il 10 febbraio in via Battisti, il 14 febbraio in via Verdi.

La scia di target seguiva la Pontebbana, da San Fior al Sacilese. Gaiarine è stata visitata cinque volte: via 8 marzo e via Barsè il 12 dicembre, via Vardiese e Calderozze il 18 dicembre, via Terraglio il 17 febbraio. Pordenone è stata meta di scorrerie per otto volte: oltre ai furti già citati, anche il 3 gennaio in via Colvera e poi per tre giorni di fila dal 6 all’8 febbraio: via Portogruaro, Villanova, Galileo Galilei. A Sacile la banda ha colpito il 25 novembre e il 16 febbraio in via Amalteo, il 16 febbraio in via Foscolo.

E poi ancora a Belluno, il 28 novembre, in via Fant e via Vittorino Da Feltre, a Miane il 13 gennaio, in via Grandola, a Vittorio Veneto in via Previtali (11 febbraio), via Garibaldi (13 febbraio), a Susegana in via Rossini (12 febbraio) a Codognè in via Borsellino e a Mareno di Piave in via Ungaresca, il 17 febbraio.

Prendevano di mira sia le ville di persone facoltose sia le abitazioni di gente comune. La squadra mobile di Pordenone è riuscita a attribuire loro questi ulteriori furti grazie ai derubati, che hanno riconosciuto i loro gioielli nella refurtiva recuperata dai detective nei covi della banda ma anche incrociando i transiti dell’auto e le celle telefoniche agganciate dai cellulari degli indagati.

Usavano vecchi telefonini dell’era pre-social che accendevano solo durante i raid per brevi comunicazioni di servizio e poi spegnevano. Le schede sim ricaricabili erano sostituite spesso, proprio per non farsi rintracciare. A tradirli sono stati gli Imei, i numeri seriali dei telefonini, e due adesivi sul lunotto posteriore della Renault Espace, la cui targa è stata poi ricostruita attraverso le immagini delle telecamere.

Gli arresti della squadra mobile di Pordenone hanno messo la parola fine a «un fenomeno particolarmente allarmante», secondo il questore. Finora i detective della polizia sono riusciti a recuperare circa un milione di euro di bottino e a restituire ai proprietari preziosi e ricordi di una vita, di altissimo valore affettivo per un totale di 150 mila euro. «Ci gratifica – ha concluso il questore – aver dato risposte ai cittadini e aver restituito loro gli oggetti rubati, spesso ricordi di famiglia». —



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