Sette branchi di lupi sulle Dolomiti. E nelle Alpi orientali da 80 a 110 esemplari

Lo studio dell’associazione “Io non ho paura del lupo”: «Numeri in crescita e ci sono ancora aree di espansione»



Partito dagli Appennini, è arrivato in Lessinia e poi ha iniziato ad esplorare le Alpi e le Prealpi orientali. Il lupo ha trovato in Trentino Alto Adige, Veneto e in una parte del Friuli Venezia Giulia un territorio ottimale in cui stabilirsi e riprodursi. Lo testimoniano i dati dello studio realizzato dall’associazione “Io non ho paura del lupo”, che a dicembre ha certificato la presenza di venti branchi sulle Alpi orientali. Sette di questi si trovano in provincia di Belluno.

Il numero degli esemplari può essere solo stimato, considerato l’altissimo tasso di mortalità dei nuovi nati (solo un cucciolo su quattro riesce a diventare adulto) ma anche il fatto che le cucciolate diventate adulte vanno in dispersione, in cerca di nuovi territori in cui stabilirsi. Nel 2019, inoltre, sono stati rinvenuti venti esemplari senza vita: alcuni sono stati investiti sulle strade, per altri il decesso è stato dovuto a cause naturali. A Digonera (Rocca Pietore) un lupo è morto per la rogna. L’associazione “Io non ho paura del lupo” stima dunque che sulle Alpi e le Prealpi orientali ci siano fra gli 80 e i 110 esemplari.

Nel Bellunese

In provincia di Belluno è certificata la presenza di sette branchi, come conferma il consigliere provinciale con delega a caccia e pesca, Franco De Bon: «Alcuni si muovono a cavallo di più province», spiega. «Branchi sono presenti nella zona di Arabba-Marmolada, sul Monte Grappa, in Cansiglio, nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, sul Col Visentin (dal 2017, ndr), sul Monte Pelmo e nella zona del Monte Cesen, fra Bellunese e Trevigiano». I lamonesi hanno osservato tracce del passaggio del lupo che si è stabilito sul Brocon.

Numeri in crescita

Un branco è composto da un maschio, una femmina e i loro cuccioli. Occupa un territorio stabile e ad uso esclusivo, compreso fra i 100 e i 250 km quadrati e i cui confini seguono spesso l’orografia del territorio. «Il contesto alpino offre ancora molte aree sgombre che i lupi potranno andare ad occupare», spiega il vicepresidente dell’associazione, Francesco Romito. «I dati sugli esemplari, infatti, sono in crescita».

Nel 2019 nella sola provincia di Belluno sono nati diciannove cuccioli: sei dal branco che si è stabilito sul Col Visentin, cinque in Cansiglio e altrettanti in alto Agordino. Tre, infine, sono nati nel Parco. «Fino al 2014-2015 i lupi c’erano solo in Lessinia, poi si sono espansi», continua Romito. «Nel 2018, per esempio, si stimava la presenza di 43 lupi in Veneto».

Il monitoraggio

Il lavoro effettuato dai volontari di “Io non ho paura del lupo” (che collaborano con Regione, carabinieri forestali e polizia provinciale) si affianca al monitoraggio “istituzionale”: «Ogni inverno la Polizia provinciale, i carabinieri forestali e volontari opportunamente formati rilevano le tracce lasciate sulla neve dai lupi nelle zone in cui ci sono stati avvistamenti», spiega il consigliere Franco De Bon. L’iniziativa è coordinata dall’Ufficio faunistico della Regione, che ha sede in Provincia di Belluno. «Si raccolgono anche elementi per studiarne la genetica».

Io non ho paura del lupo

L’associazione è nata nel 2016 con l’obiettivo di monitorare la presenza del carnivoro sull’Appennino e sulle Alpi orientali e di divulgare informazioni corrette su questo animale: «Affascinante e molto importante per il territorio, ma che può anche rappresentare un problema per chi deve rapportarsi con esso», dice Romito. È qui che l’informazione diventa fondamentale, anche per sfatare «falsi miti», dice Romito. «Non ci sono centinaia di lupi sulle Alpi, come abbiamo verificato».

Convivenza

Ma è anche vero, evidenzia Franco De Bon, che va trovato un nuovo equilibrio fra la presenza del lupo e le attività antropiche: «Entrambe contribuiscono alla biodiversità del territorio», afferma il consigliere provinciale. «Laddove le misure di mitigazione (recinti, cani da guardiania, eccetera) non si rivelassero sufficienti, non dobbiamo avere paura di pensare ad un piano di controllo».

Le attività zootecniche «fungono da presidio del territorio», aggiunge, assicurando l’impegno da parte di tutte le istituzioni per affrontare il tema. «Qui non si tratta di far estinguere il lupo, anzi, ma di gestirlo per garantire la convivenza fra questo animale e le attività dell’uomo perché anche una malga e un pascolo sono importanti per mantenere la biodiversità che arricchisce il nostro territorio». —




 

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