Settore in ginocchio dopo pioggia e siccità arrivano i cinghiali
BELLUNO. A pochi mesi dalla fine dell’anno gli agricoltori tracciano un primo bilancio di un anno «da dimenticare». E non solo per un tempo pazzo che ha visto una primavera sott’acqua e un’estate siccitosa ma perché devono iniziare a fare i conti con un altro insidioso nemico, altrettanto ingestibile come il meteo, vale a dire i cervi e cinghiali.
A lanciare l’allarme è il presidente di Confagricoltura, Diego Donazzolo. «L’annata 2013 è da dimenticare», dichiara, «per quanto riguarda i raccolti di mais e di foraggio registriamo una perdita pari al 30-35%», che raggiunge «anche il 50% se si pensa a certe superfici prative e alle coltivazioni frutticole», aggiunge Mauro Alpagotti, direttore della Cia. E questo significa che «come agricoltori saremo costretti ad acquistare questo materiale con dei costi aggiuntivi per bilanci aziendali che sono già in sofferenza».
Donazzolo parla di «perdite importanti causate da semine annegate dalla pioggia che ha caratterizzato la primavera e bruciate dalla siccità estiva. Questo significa che le aziende dovranno chiedere dei prestiti per poter acquistare l’insilato di mais necessario per il bestiame, nell’inverno che si prepara. A ciò si aggiunge un fenomeno che sta assumendo contorni pesanti come quello della gestione della fauna selvatica, che sta mettendo in ginocchio l’agricoltura. È un fenomeno che deve essere preso in esame e gestito al più presto perché sono molti i coltivatori che hanno abbandonato i prati e i campi devastati da cervi e cinghiali».
«È un problema serio», condivide Alpagotti, «che riporta ad una corretta convivenza tra fauna e uomo. È un problema di gestione del territorio e va risolto senza esasperazione dei toni nè da parte delle associazioni ambientaliste nè dei coltivatori. Serve un progetto serio di convivenza, perché in molte malghe questi animai hanno devastato il cotico e il pascolo, e in quota perché si riformi questo strato servono decenni».
Ma allora cosa fare? «L’unica soluzione è circondare i campi con recinzioni elettrificate ma anche questa è una spesa che con annate simili diventa difficile da sostenere», precisa Donazzolo. «Basterebbe, alle volte, che dalla Regione venissero riconosciuti ai coltivatori i danni causati dalla fauna selvatica per alleggerire la situazione, ma da Venezia non c’è alcun riconoscimento per questi danni», spiega Alpagotti.
Intanto Avepa sta pagando i nove milioni di euro per le indennità compensative da dividere tra i 2.495 addetti del comparto nella montagna veneta. «Sono contributi che insieme ai premi per le aree di montagna ci aiutano a superare il momento di crisi», sottolinea il presidente di Confagricoltura il quale si focalizza sul fatto che «con Avepa resta da chiarire la questione delle fotointerpretazioni sui pascoli di montagna. Abbiamo fatto dei sopralluoghi con i funzionari dell’agenzia ed è stata avviata la procedura per ridurre al minimo gli scompensi alle imprese. Ma dobbiamo ancora vedere qualcosa di concreto». Parla di problemi sui contributi strutturali Alpagotti che conclude: «Quello che tre anni fa era un’eccellenza ora inizia a scricchiolare».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi