Sfruttava il trans: agente condannato

Tre anni e sei mesi (più interdizione perpetua dai pubblici uffici) al poliziotto bellunese della stradale Marco Carbone
MONESTIER - PROSTITUTE VIA TOMMASEO MONESTIER - PROSTITUTE IN VIA TOMMASEO
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BELLUNO. Sfruttamento della prostituzione ai danni di un transessuale: ex poliziotto bellunese condannato a tre anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Sentenza pesante, quella emessa ieri in tribunale a Treviso a carico di Marco Carbone, ex assistente capo (ora in congedo) della polizia stradale di Vittorio Veneto. Il giudice ha stabilito anche un risarcimento di 25 mila euro al transessuale, che si è costituito parte civile con l’assistenza delle avvocatesse Orietta Baldovin e Chiara Gaiani.

«Non sapevo che si prostituisse. Mi diceva che le serviva aiuto, soldi per curare il suo fratellino malato. Per questo l’ho ospitata». Era questa la versione di Carbone, riferita a quando il giovane trans Paul (Paola per gli amici) viveva nel suo appartamento di Colfosco. Il giudice non gli ha creduto, condannandolo a tre anni e sei mesi per sfruttamento e per concussione (avrebbe chiesto soldi in cambio di “protezione”). Il pubblico ministero aveva chiesto mano ancora più pesante: sei anni.

Carbone, in congedo dalla polizia per motivi di salute e ora interdetto definitivamente, è finito a processo con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. Il giovane transessuale peruviano ha sostenuto di aver avuto anche una relazione sentimentale con Carbone.

Il poliziotto, 37 anni, difeso dall’avvocato Emilio Marcon, ha sempre negato ogni responsabilità, sostenendo di aver avuto soltanto un rapporto d’amicizia con la vittima e non una relazione, di non aver saputo che si prostituiva, di averla aiutata economicamente e di essere stato accusato soltanto perché Paola aveva bisogno di rimanere in Italia, non avendo un permesso di soggiorno. Nessuno sfruttamento, secondo lui. Ma per il giudice le prove a suo carico erano evidenti.

Secondo quanto ricostruito dalla Procura della Repubblica di Treviso, il poliziotto, da giugno 2007 a maggio 2008, avrebbe preteso di essere pagato per favorire la permanenza in Italia del trans, facendo leva sulla sua professione. Carbone, che aveva conosciuto “Paola” nel locale “Folli Folle” di Villorba, si sarebbe offerto di aiutarla a ottenere il permesso di soggiorno velocizzando le pratiche. In più avrebbe anche detto di riuscire a fare in modo che i suoi colleghi non lo controllassero. Circostanza confermata in aula dallo stesso trans nella scorsa udienza, ma negata dal poliziotto. Due versioni diametralmente opposte su tutto. Alla fine il giudice ha dato ragione all’accusa.

«Non sapevo si prostituisse, tantomeno nel mio appartamento preso in affitto quando con mia moglie le cose non andavano. Ho ospitato Paola, ma solo per darle uno spazio dove mangiare, ogni tanto, o lavare le sue cose». Questa l’auto-difesa dell’ex poliziotto.

La versione dei vicini di casa era ben diversa: la presenza della giovane trans sarebbe stata praticamente costante, con un fitto viavai di persone. Clienti.

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