Sgarbi e Daverio si incrociano: «Ciao mostro»

Visita (separata) dei due critici in Crepadona, ma per una volta senza scintille
Vittorio Sgarbi con Mario Botta all'inaugurazione
Vittorio Sgarbi con Mario Botta all'inaugurazione
BELLUNO.
Arriva e si dichiara «un curioso, non un esperto del Tiziano». Per la visita alla mostra in Crepadona prima dell’inaugurazione ufficiale, Philippe Daverio ha il seguito di operatori e assistenti di «Passepartout», la trasmissione che dedicherà a Belluno una prossima vetrina sulla Rai. Daverio ha i tempi tirati: un saluto a Sgarbi che sembra fatto apposta per i giornalisti («Ciao, mostro»), una posa insieme, il siparietto di chiusura («Va a lavorare»), poi su nei loggiati, dentro «una mostra significativa, perché è significativo il rapporto con il luogo in cui avviene».

«Questo evento riporta un grande artista nella sua terra. Una cosa è che un sofisticato spettatore spagnolo osservi le montagne del Tiziano in un quadro esposto al Prado, un’altra che la gente di qui, che da sempre sa che Tiziano è un cadorino, un bellunese, finalmente se lo veda davanti. Ed è una mostra significativa», prosegue il critico d’arte Daverio, «perché condurrà qui appassionati di mezza Italia. E’ un bene che le persone girino lungo i percorsi dell’arte. Infine, il palazzo e l’allestimento di Mario Botta. Un edificio storico è stato reinterpretato: questa è comunicazione, è una cosa che solo i grandi professionisti sono in grado di fare. E per di più, Botta lo fa per passione, non per soldi. Dice che, grazie alle mostre, impara la storia dell’arte figurativa».


La Crepadona “arredata” da una ventata di contemporaneità non è un anteprima nazionale. «Era successo con la tomba di Adriano», riprende Daverio, «diventata roccaforte medievale e quindi museo. Noi italiani sappiamo “metabolizzare” il nostro patrimonio. Meglio dei tedeschi, che preferiscono smantellare i vecchi palazzi (o addirittura farseli bombardare...). Noi rinnoviamo il passato e ora lo facciamo perfino con coraggio e brio, lontano da una certa triste versione oratoriale che dominava tempo fa, che ci faceva rileggere il vecchio in una forma pesante e dimessa. Farlo con gusto e idee nuove è una lezione di fiducia».


Ed è un modo vincente di stare sul mercato che globalizza pure la cultura. «Se ragioniamo sul nostro patrimonio architettonico storico siamo competitivi», aggiunge Daverio, «E, ancora una volta, siamo comunicativi. Attiriamo gli sguardi dei nuovi turisti, dei nuovi mercati. I cinesi ci guardano per questo, per la nostra abilità di rilanciare una storia e una tradizione uniche. E così dimostriamo che la storia dell’Italia non è finita, che non siamo (come vogliono credere alcuni) un palcoscenico da affittare agli Stati Uniti».


Sul cubo di Botta, solo una battuta: «Molto bello». E’ l’ora delle riprese tivù e Daverio introduce Tiziano come «artista che ama il potere ed è legato alle istituzioni ufficiali. Diventa il pittore della Controriforma, rappresenta il mondo dei santi nel mondo reale». Ma Tiziano è anche imprenditore, «costruisce la prima fabbrica di produzioni artistiche», dà vita a una bottega che fiorisce di talenti, idee e realizzazioni.

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