Sgravi fiscali per i bar che rinunciano alle slot
FELTRE. Contro la piaga della ludopatia, la dipendenza da gioco d'azzardo diventata ormai un'emergenza sociale fuori controllo, rimangono ancora poche carte da giocare. L'assessore alle politiche sociali Giovanni Pelosio però pare aver scovato un asso. L'idea, ancora al vaglio dell'ufficio ragioneria, sarebbe quella di introdurre una qualche forma di sgravio fiscale a favore degli esercenti che si rifiutano di introdurre nei loro locali meccanismi di induzione al gioco patologico, come slot machine o gratta e vinci, oppure, in caso di dispositivi già presenti, si impegnano a rimuoverli e a rispedirli ai concessionari.
«I Comuni hanno le mani legate», sottolinea Pelosio, «i gestori e i distributori del servizio interagiscono direttamente con i commercianti, noi non possiamo intervenire. L'unica soluzione che abbiamo trovato fino ad oggi sarebbe questo alleggerimento delle tasse a favore dei gestori più sensibili, quelli che vorranno prendere una posizione palese contro la diffusione incontrollata di questa malattia psicologica. Come amministrazione vorremmo attivare un provvedimento per contrastare in maniera più radicale il fenomeno, ma per il momento siamo riusciti a trovare solo questo espediente».
La regolamentazione del gioco d'azzardo spetta all'Agenzia ministeriale delle dogane e dei monopoli. Il margine di intervento di un Comune è ridottissimo, per non dire nullo. Non si possono fissare gli orari di apertura e chiusura del servizio, non si può stabilire nessuna forma di controllo, e come se non bastasse, lo Stato non ha ancora riconosciuto il gambling come una patologia. Il servizio sanitario nazionale non se ne cura, c'è solo un blando riconoscimento nei livelli essenziali di assistenza. A Feltre è il Sert a occuparsi delle varie forme di dipendenza patologica. Ad oggi nessun malato di gioco si è presentato agli uffici di Pelosio per chiedere un aiuto. Forse per vergogna, o per riservatezza, o forse per non aver ancora capito di avere un problema, e serio.
Il fenomeno, difficilmente quantificabile perché sommerso dalla connivenza, tocca ormai ogni fascia di età. L'anno scorso gli italiani si sono giocati 94 miliardi di euro, di cui “solo” 7,9 sono entrati nelle casse dell'erario. Un guadagno irrisorio rispetto al giro di soldi movimentato: nel 2012 ciascun italiano ha speso in media 1450 euro, e questo contando tutta la popolazione nazionale (neonati inclusi). I restanti 86 miliardi sono stati divisi tra i vari soggetti che operano nella filiera del gioco. Il gioco d'azzardo è una tassazione volontaria sui soldi e sulle illusioni. E per assolvere le coscienze da ogni responsabilità basta anche uno slogan antitetico, come questo: “Gioca senza esagerare”.
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