Si ristampano i «Miracoli» di Buzzati scrittore-artista

A quarant’anni dalla morte dello scrittore bellunese tornano in libreria i racconti della «sua» Val Morel e gli affascinanti ex voto immaginari. Una grande penna rivela un mondo ai confini dell’inconscio

BELLUNO I miracoli di Val Morel, pubblicato per la prima volta nel novembre del 1971, ovvero il biglietto d'addio alla vita di Dino Buzzati, ritorna in libreria edito da Mondadori. Lo ha presentato alla Libreria Alessandro Tarantola di Belluno Lorenzo Viganò, giornalista e curatore della postfazione della ristampa, nella serata di ieri moderata da Michela Canova.

«Il libro nasce dalla mostra «I miracoli di una santa» che venne allestita su tre piani il 3 settembre del 1970 dalla Galleria Cardazzo di Venezia – ha detto Viganò - costituita da 39 ex voto che Buzzatti, scrupoloso com'era, consegnò nei tempi prefissati, benché avesse già i sintomi della malattia che se lo portò via quarant'anni fa, il 28 gennaio del 1972. Buzzati dà forma ad un libro, dove alle tavole affianca i racconti. Che non sono delle didascalie a spiegazione dei disegni, ma scritti che, al contrario, depistano il lettore, in un gioco di sovrapposizioni tra realtà e fantasia». Il libro narra i miracoli immaginari che la tradizione popolare attribuisce a Santa Rita da Cascia, sullo sfondo di Valmorel, località nei pressi di Limana, in Provincia di Belluno. Buzzati immagina se stesso alla ricerca del santuario di Santa Rita, che però non riesce mai a trovare. Si scoprirà che il luogo altro non è che un grosso masso ricoperto di luccicanti ex-voto.

L'escamotage letterario utilizzato da Buzzati per costruire il libro è quello del ritrovamento di una serie di ex voto in una cappella in rovina, dedicata a Santa Rita. Nei racconti fantastici, la santa interviene a salvare gli abitanti da situazioni surreali. In un mondo parallelo popolato dal terribile "gatto mammone" o terribili "formiche mentali" che fanno impazzire gli uomini. E demoni che rapiscono fanciulle, trofei di safari che processsano e condannano a morte i loro cacciatori. Un nobiluomo perduto nel labirinto di Villa Gaggia, luogo questa volta reale, dove nel 1943 si svolse lo storico incontro tra Hitler e Mussolini.

«Un divertimento drammatico, l'ultima via di fuga per Dino Buzzati, oramai consapevole d'esser giunto alla fine della sua vita. E che solo un miracolo - spiega Viganò - lo può salvare. Buzzatti ha dimestichezza con la morte, giornalista di nera al Corriere della Sera dal 1928 al 1970 i suoi pezzi non sono soltanto articoli, ma in essi vediamo l'Italia che si trasforma. Dal commissario che insegue il ladro nel dopoguerra alla criminalità organizzata. Il nerista, l'inviato, racconta la rivolta a San Vittore alzandosi alle 4 del mattino. Il Vajont, in un pezzo di altissimo giornalismo «dove il mestiere non viene incontro, perché questa è la mia gente». Con questo attaccamento alla sua terra - sottolinea Viganò - e questo suo aprirsi continuo e confessarsi, diventano opportunità per raccontare la morte».

Come scrisse Indro Montanelli nell'epitaffio della prefazione del libro: «A morte è tornato Dino Buzzatti che con lei visse abbracciato». «Buzzatti che per tutta la vita ha dialogato con la morte, quando arriva il suo momento gioca attraverso i suoi personaggi. Lui che tra l'altro non era credente e non cede nemmeno all'offerta di estrema unzione fattagli dalla suora sul letto di morte. Come nella fanciullezza Dino Buzzati ha ancora un pizzico di speranza che un miracolo, che Santa Rita da Cascia lo possa salvare. Sappiamo che non è andata così e che non ha potuto disegnare il suo ex voto. Forse – ha concluso Viganò – il suo miracolo è stata la nevicata che il 28 gennaio del '72 ha imbiancato Milano, rendendo i palazzi simili alle sue montagne bellunesi».

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