Si Taibon, no Voltago Pasticcio a Venezia sul voto referendario
VOLTAGO. Si a Taibon, no a Voltago. E il consiglio regionale si tinge di ridicolo.
Ieri a Palazzo Ferro Fini è stata scritta una pagina quantomeno imbarazzante della storia politica veneta, tanto che se non fosse vera si farebbe fatica a inventarla. Una pagina che chiude il cerchio, che aiuta a capire una volta di più perché le genti della montagna bellunese desiderino ardentemente lasciare questa regione per passare sotto altri governi. E che aiuta a spiegare il successo di Herbert Dorfmann e della Svp, sottolineando come, prima ancora di migliori trattamenti economici, i montanari chiedano la decenza di chi li rappresenta.
Una nuova pagina scritta ieri in consiglio veneto, dove erano in discussione le mozioni presentate dal vicepresidente del consiglio, Matteo Toscani, relative alla richiesta di passaggio in Trentino Alto Adige dei Comuni di Taibon e di Voltago, che si erano espressi per il si rispettivamente il 21-22 aprile 2013 e il 31 agosto scorso. «In questi anni ho presentato tutte le mozioni relative ai Comuni referendari», spiega il consigliere bellunese della Lega Nord, «e tutte sono state approvate. L’anno scorso avevo presentato quella di Taibon e il primo settembre quella di Voltago. Nella riunione dei capigruppo ho chiesto che fossero inserite una di seguito all’altra, prima Taibon e poi Voltago, e che la discussione fosse unificata. Il presidente ha accettato, ma essendo due mozioni diverse il voto doveva essere separato».
Si è partiti, dunque, con Taibon. In aula c’erano 38 consiglieri, in 37 hanno votato: 20 a favore, 13 contro, 4 astenuti (l’astensione vale come voto contrario). La mozione passa. Pochi secondi e si mette al voto quella di Voltago, ma qualcosa cambia. «In consiglio si sa», prosegue Toscani, «succede un po’ di tutto, c’è chi esce per andare al bagno, chi a telefonare, però quando è ora di votare tutti corrono dentro. Evidentemente qualcuno non è riuscito a entrare per il voto su Taibon, ma è arrivato per quello di Voltago. Sono entrati tre del Pd e uno di Forza Italia: in linea con i loro partiti i primi hanno votato contro, il secondo si è astenuto».
Riassumendo, in aula erano 42 i presenti, hanno votato in 41: di questi 21 a favore, 15 contrari, 5 astenuti. Non c’è la maggioranza richiesta della metà più uno. La mozione viene respinta. Tradotto: due Comuni limitrofi che si sono espressi alla stessa maniera sullo stesso tema ricevono due risposte diverse dal consiglio regionale. Al governo e al parlamento nazionale va solo la richiesta di Taibon. «È stato sicuramente un incidente», analizza Toscani, «ma è spiacevole, imbarazzante: non è un bel segnale. È qualcosa di ingiustificabile. Tutte le altre mozioni sono passate e quella di Voltago no».
C’è però l’aspetto politico da analizzare. «Il Pd è sempre stato a favore», attacca Toscani, «e oggi ha votato contro, compreso Reolon che ha motivato la sua posizione dicendo che nel frattempo è stata approvata la legge sulla specificità. Ma forse dimentica che la legge è del 7 agosto e il voto di Voltago è del 31 agosto: i voltaghesi hanno espresso legittimamente il proprio parere anche dopo l’approvazione della legge. Anche Forza Italia è sempre stata favorevole e adesso, compreso Bond, si astiene. Tutto ciò succede perché in consiglio non c’è più una maggioranza, tutti vanno in ordine sparso».
E adesso? «Domani (oggi, ndr) riproporrò la mozione di Voltago», ha precisato Toscani, «e non mancherò di sottolineare nella riunione dei capigruppo questa schizofrenia del consiglio. In democrazia ognuno vota come vuole, però mi auguro che a questo punto prevalga il buon senso».
Gianni Santomaso
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