Siccità, verso il razionamento dell’acqua nel Bellunese. Le fontane pubbliche già a portata ridotta
BELLUNO. Dopo l’ordinanza del presidente regionale Luca Zaia sulla siccità, i sindaci stanno valutando anche loro di intraprendere misure di razionamento. A cominciare dalla riduzione, se non addirittura dalla chiusura, delle 2.300 fontane pubbliche della provincia.
«Per il momento, come Consiglio di Bacino Dolomiti», anticipa il direttore Giuseppe Romanello, «abbiamo deciso, dove è possibile, di ridurre ancora di più la portata delle fontane. E questo, per esempio, accade già in piazza Duomo a Belluno e in piazza dei Martiri. Ma non è escluso che nei prossimi giorni, se non dovessero arrivare le precipitazioni tanto attese, saremo costretti ad andare oltre».
Giovedì Romanello ha partecipato all’osservatorio delle risorse idriche interregionale, da Trieste a Bolzano, che coinvolge le istituzioni e i Consorzi. Si è riscontrato che la situazione della siccità è pesantissima nella pianura, mentre sulle terre alte vi è stato qualche miglioramento. Ma – avverte l’Arpav nell’ultimo report mensile, diffuso giovedì – per recuperare il deficit pluviometrico dall’ottobre scorso, in maggio dovrebbe piovere per 350 millimetri, il triplo della media mensile dal 1994. Lo scorso aprile lo scarto sul Piave è stato del 20% sul Piave. Ma dall’inizio dell’anno idrologico, cioè da ottobre, il bilancio è ben più grave: –36%.
Romanello è fiducioso: prevede che si riuscirà, con le annunciate precipitazioni, a evitare il peggio. Ma dal mondo trevigiano dell’irrigazione monta la preoccupazione. «Sì, c’è stata qualche pioggia, ma», avverte Amedeo Gerolimetto, presidente del Consorzio Piave, «il 15 maggio inizierà la stagione dell’irrigazione e l’agricoltura trevigiana, allo stato attuale, avrà acqua soltanto per 20 giorni».
Quindi? Le ordinanze di razionamento sono da mettere in conto. E tanti sindaci già ci stanno pensando. Da ottobre sono mancati 237 millimetri d’acqua, da qui la necessità che nelle prossime settimane ne arrivino più di 300. Il recupero, nel mese scorso, è stato infatti solo di 63 millimetri, contro una media d’aprile sui 94 millimetri, ormai da trent’anni. Complessivamente nel mese scorso è mancato un milione e 169 mila metri cubi d’acqua. Se poi consideriamo i primi sette mesi dell’anno idrologico, di acqua ne abbiamo ricevuta circa la metà: 376 mm contro la media di 613, pari ad un deficit di 6.932 milioni di metri cubi di acqua. L’Arpav fa notare che si tratta del valore più basso dal 1994.
Nell’attesa del varo di successivi – e più drastici – provvedimenti, il Bacino Dolomiti ha deciso di monitorare ancora più puntualmente che cosa accade sul territorio, in particolare là dove si verificano perdite d’acqua, accelerando gli interventi. «Il tutto all’insegna del risparmio», precisa il presidente Camillo De Pellegrin, «e auspicando che con la pianura si trovino spazi di convivenza».
«Stiamo già razionalizzando l’acqua da mesi, prelevando dal Piave solo le quantità strettamente necessarie», assicura, infatti, Gerolimetto. «Già dal mese di marzo le portate prelevate dal Consorzio nel Piave rispettano riduzioni che vanno dal 30 al 50% rispetto al valore previsto. Ciononostante la disponibilità d’acqua per l’irrigazione non va oltre i 20 giorni. E a metà maggio i nostri produttori dovranno iniziare a innaffiare, se dovesse perdurare la siccità».
E se non dovesse piovere a sufficienza? «Se questa situazione si protrarrà», ancora il presidente del Consorzio, «dovremo assumere provvedimenti di razionalizzazione dell’uso con probabile sospensione degli utilizzi sulla base delle priorità stabilite dalla norma: devono essere salvaguardati nell’ordine l’uso umano, quindi quello agricolo, solo dopo gli usi non agricoli, tra cui l’industriale (produzione di energia) o l’urbano (orti e giardini)»
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi