Sinteco, fabbrica e dipendenti sono al sicuro: «Il lavoro? Stiamo smaltendo gli ordini presi»

Il general manager dell’azienda longaronese soddisfatto per la reazione avuta dopo l’emergenza: «Ma preoccupa il blocco dei viaggi all’estero» 

L’intervista

«Ci vorranno almeno due o tre mesi per capire come si svilupperà questo anno, per ora comunque possiamo dirci abbastanza soddisfatti».

Perché? Lo chiediamo a Stefano Giacomelli, general manager della Sinteco di Longarone, all’inizio di questa fase 2. «La nostra è una produzione particolare, lavoriamo su commessa e quindi andiamo per inerzia. Da quando si firma un contratto alla consegna delle nostre macchine passano, infatti, anche 9-12 mesi. Diciamo, quindi, che abbiamo continuato a lavorare sul portafoglio di ordini che avevamo e che adesso ci guardiamo intorno per capire quando si potrà tornare a regime».

Pesa il rallentamento?

«Certo, tutto è stato rallentato. Intanto abbiamo iniziato da subito a operare il necessario distanziamento e ad applicare le norme igieniche previste; poi siamo partiti col telelavoro, che per noi ha voluto dire anche attrezzare postazioni di lavoro complesse, con due monitor e pc di grossa dimensione, nelle abitazioni di nostri collaboratori, considerando anche che i collegamenti internet qui in montagna non sono sempre dei migliori; inoltre, lavorando su licenza, abbiamo dovuto anche avere le necessarie autorizzazioni dalle aziende che ci forniscono i software. Al di là della progettazione, poi, il problema maggiore, come si può intuire, è il montaggio delle macchine».

Come sta andando?

«Direi bene, anche perché dopo un po’ ci si abitua, si prende coscienza, le norme di sicurezza e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali diventano automatici. Abbiamo anche contingentato il personale esterno che viene a lavorare qui da noi, con postazioni esclusive e spogliatoi riservati. Nella mensa qui a Longarone ci siamo fatti riservare uno spazio dedicato a Sinteco».

L’azienda, 200 addetti e 56 milioni di fatturato, fa parte del gruppo Bucci di Faenza ed opera nel campo dell’automazione industriale di primo livello, realizzando macchinari ed impianti produttivi, nei settori del medical, automotive, farmaceutico, cosmesi, elettronica e meccanica di precisione.

«Inizialmente Sinteco – prosegue Giacomelli – non rientrava nei codici Ateco, ma abbiamo chiesto in Prefettura una deroga perché siamo attivi nel medicale e produciamo, ad esempio, respiratori, tubi tracheali, ossigenatori e macchine per assistere la respirazione, nonché per la distribuzione delle pastiglie monodose. Serviamo ospedali in Italia ed all’estero, un ordine ci è arrivato persino da Panama. Inoltre abbiamo macchine per il settore farmaceutico e cosmesi, che in questo periodo ha decisamente virato verso l’igiene e pulizia, personale e di ambienti. Adesso si tratta di vedere quando potremo riaprire nei settori dell’automotive e della meccanica di precisione. Di certo restano due importanti questioni aperte».

Quali?

«Anzitutto l’impossibilità di muoversi e quindi di consegnare le macchine che costruiamo, perché non basta spedirle, bisogna accompagnarle dal cliente, montarle, collaudarle. Poi il blocco dei viaggi all’estero. Per una azienda come la nostra l’internazionalizzazione, che vale il 70% del fatturato, in questo frangente appare un freno».

Problemi con le forniture?

«Siamo riusciti a far fronte con le scorte e il magazzino, ma è chiaro che più si va avanti più il problema si sentirà».

Avete avuto controlli?

«Sì, un paio di volte in queste ultime settimane: hanno controllato tutto e intervistato a lungo i colleghi. Tutto bene».

Cosa teme di più?

«L’incertezza, che non aiuta chi come noi è abituato a programmare sul medio-lungo periodo. E la mancanza di nuovi ordini in entrata per macchine da consegnare nel 2021 e oltre. Gli ordini entrati in questi due mesi sono tutti legati alla situazione di emergenza. Fra un paio di mesi si potrà capire se il mercato riparte davvero». —

Stefano Vietina

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