Slogan e moniti “al passo” anche da parte degli alpini bellunesi: «Non ci confinate nei libri»

Cinquemila penne nere in sfilata. Molti i sindaci e gli amministratori della provincia di Belluno presenti a Treviso nella giornata clou
marson ag.fotofilm treviso adunata alpini gruppi veneti
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TREVISO. Pesanti moniti politici dagli oltre 5mila alpini di Belluno che per tre quarti d’ora hanno marciato al passo del "trentatré" lungo i 2,5 km della sfilata di Treviso.

«In montagna non c’è fango» e «non ci facciamo confinare nei libri di storia» recitavano due striscioni portati dalla sezione di Feltre.

Due raccomandazioni, rivolte soprattutto al mondo politico, tra le meno leggere delle centinaia espresse dalle 90mila penne nere che hanno affollato il percorso dello sfilamento ieri a Treviso, dalle 9 del mattino ad oltre le 21 di sera.

Pesanti i messaggi - questi ed altri - ma ingentiliti da una inconsueta presenza femminile; numerose, infatti, le sindache che hanno accompagnato le sezioni e i gruppi dei loro territori. Le prime ad affacciarsi sono state Alessandra Buzzo di Santo Stefano di Cadore e Antonia Ciotti di Pieve di Cadore, tutte comprese nel loro ruolo, passando davanti alle tribune. Hanno incuriosito le loro colleghe del Feltrino quando, a 300 metri dal passaggio centrale, si sono fermate un attimo per ritmare correttamente il passo e, in particolare, per riordinare l’abbigliamento, sotto lo sguardo dei loro colleghi sindaci.

Ecco, a differenza di altre adunate, quella del Piave ha richiamato dalle Dolomiti un gran numero di primi cittadini, una dozzina della magnifica comunità del Cadore, con il suo presidente Bortolot, 16 della sezione di Belluno e 12 del Feltrino. In prima fila, tra gli altri, anche l’onorevole Federico D’Incà del Movimento 5 Stelle, l’ex parlamentare Paniz, il consigliere regionale Gidoni della Lega Nord.

«Una festa di popolo come questa, non attraversata da nessuna contrapposizione, men che meno politica, bisognerebbe ospitarla», aveva auspicato in giornata D’Incà «in grandi città, come Roma, oggi attraversate da odiose polemiche».

Gli alpini dolomitici hanno cominciato a muoversi verso le 18.30, quindi con un leggero ritardo sul rullino di marcia; applausi a non finire per la macchia di rosso rappresenta dalle magliette della Cadore, al comando del presidente sezionale Antonio Cason.

«Alpini del Cadore, lì dove nasce il Piave» ricordava lo striscione di apertura del corteo. Molto apprezzati i costumi delle donne che seguivano il vessillo e i gagliardetti della sezione.

A seguire le maglie di un bianco immacolato al comando di Angelo Dal Borgo, presidente della sezione Belluno. «Il Piave mormora e noi lavoriamo in silenzio» provocava un loro striscione.

Ed anche questo messaggio è stato considerato sugli spalti della tribuna come un invito rivolto alla politica a non chiacchierare, bensì ad impegnarsi strenuamente per la comunità, specie là dove maggiori sono le necessità, come sulle terre alte. A conclusione del gruppo bellunese, l’invito - sempre attraverso uno striscione - a partecipare il 3 e 4 giugno al quinto raduno della brigata Cadore.

Ogni sezione aveva la sua fanfara per ritmare la marcia. Così anche le maglie bianche di Feltre, in testa il presidente Stefano Mariech. «Nati sulle Alpi, temprati dal dovere», così sono gli alpini stando alla lettura di un altro striscione esposto dalle penne nere feltrine. Nel loro gruppo anche un plotone storico, in divisa, una fila di fisarmoniche e in maglia gialla il gruppo di artiglieria da montagna di Agordo.

La «madre di tutte le adunate», come l’ha definita Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, era stata aperta alle 9 del mattino dalla sfilata della bandiera di guerra del 7° Reggimento Alpini, con il comandante Antonio Arivella e il comandante delle Truppe Alpine, il generale Federico Bonato. Scroscianti gli applausi e viva la commozione tra le due ali di folla che hanno fatto da cornice al lungo itinerario.

I fratelli Dorigo di Laste, che nell’agosto scorso hanno ricevuto l’ambito riconoscimento per il loro lavoro contro lo spopolamento delle terre alte, hanno rappresentato il “Premio fedeltà alla montagna”.

Gli alpini di Trento avevano appena concluso lo sfilamento e si stavano preparando a subentrare i veneti, quando lo speaker Nicola Stefani ha ricordato, con un pizzico di polemica, le ultime vicende della Marmolada.

«La Marmolada», ha detto «non è di Trento e non è di Venezia, è degli Alpini». E le penne nere hanno applaudito, sia quelle trentine che quelle bellunesi.

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