«Sogno di salire al Collesei in seggiovia»

Padola. Mario Tonon, 86 anni, pioniere del turismo in Comelico, scommette sul progetto portato avanti con Senfter
Di Stefano Vietina

PADOLA. «Il mio sogno nel cassetto è quello di poter salire un giorno al Collesei in seggiovia».

Mario Tonon, 86 anni, albergatore di Padola di Comelico Superiore, ha l'occhio vigile.

Dal 1951, quando è giunto in Comelico dalla natia Vittorio Veneto, della Val Comelico sa tutto, ricorda tutto, fatti e persone; ha digerito successi e sconfitte una dietro all’altra, ma soprattutto guarda avanti.

Ed è lui infatti a fare la prima domanda al cronista, invertendo i tradizionali ruoli. “Ha notizie del fondo Brancher?” chiede mentre prepara un tè caldo.

Lui sa bene che proprio da lì possono arrivare i soldi necessari a trasformare un sogno in realtà, ovvero a collegare con le piste da sci e gli impianti di risalita la Val Comelico alla Val Pusteria, secondo il disegno tanto a cuore a Franz Senfter e alla sua Sextner Dolomiten.

«Non oso neppure pensare dove saremmo oggi senza l'intervento di Senfter», commenta, «e per questo non possiamo farci scappare questa occasione, ne abbiamo già perse troppe in passato. Pensi che negli anni '60 Padola, dal punto di vista turistico, era ben avanti rispetto a Sesto, di là dal passo Montecroce Comelico. Poi loro sono partiti davvero, e noi siamo rimasti fermi».

Mario Tonon, ormai un’autentica istituzione da queste parti, titolare dell'hotel Comelico, è nato a Vittorio Veneto, il 30 ottobre 1927, in una famiglia numerosa, con tre sorelle e sei fratelli, di cui uno gesuita.

«Durante la guerra si facevano lavori in campagna e poi avevamo la scuola serale. Ricordo bene il bombardamento di Treviso del 7 aprile 1944, gli aerei che volteggiavano e scaricavano le bombe, il sibilo, il frastuono indescrivibile».

Finita la guerra, Mario resta a Vittorio Veneto fino al 1947, poi raggiunge il fratello maggiore Giovanni, classe 1912, al Grand Hotel Miramonti di Cortina per aiutarlo nel suo difficile lavoro di dispensiere.

«L'albergo era stato requisito dai tedeschi e poi dagli americani, quindi ristrutturato. Ci soggiornava una clientela internazionale, composta da imprenditori, nobili e regnanti, come lo Scià di Persia, re Faruk d’Egitto, re Leopoldo del Belgio, che arrivava spesso con tutta la sua corte».

Mario resta quindi al Miramonti fino al 1951, facendo esperienza di tutti i lavori possibili: dal falegname al muratore, dall'idraulico all'elettricista; e lo fa soprattutto nelle stagioni intermedie quando l'albergo è chiuso e ci si occupa delle manutenzioni. Lo raggiungono anche i fratelli Antonio, che fa il facchino, e Angela che si occupa della caffetteria. Ma la famiglia è grande, bisogna ingegnarsi e cercare di guadagnare qualcosa di più delle 240 lire al mese di allora; ed è così che, insieme al fratello gemello Luigi, Mario decide di trasferirsi a Padola e di aprire inizialmente un cinema.

«Siamo arrivati proprio con un'impresa e, mettendo insieme i risparmi, abbiamo costruito la sala, due appartamenti di sopra e qualche attrezzatura sportiva. Poi, dal 1957, avviammo una locanda con le camere. E, senza saperlo, abbiamo dato vita a quello che oggi si chiama albergo diffuso. Mia moglie, Giovanna Casagrande (anche lei di Vittorio, sei anni meno di lui, ndr) ed io gestivamo fino a 100 posti letto, dislocati nelle varie famiglie, e che poi a turno venivano a mangiare da noi. Allora quasi tutte le famiglie in estate si trasferivano in soffitta o in un tabiè per lasciare la casa agli ospiti. Allora sì che il turismo era una risorsa importante. Si andava da giugno a settembre, ed erano anche allora le famiglie a scegliere la nostra montagna, ed a tornare di anno in anno. Di certo oggi l'offerta turistica è molto più ampia, ma io sono sicuro che non appena sarà completato il Giro delle Cime, con gli impianti e le piste che collegheranno Padola alla Val Grande ed al Passo Montecroce, tramite il monte Collesei, avremo una bella ripresa. Ed io aspetto quel giorno per essere il primo a prendere la nuova seggiovia».

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