«Soldi a Cetera per ricerca e formazione»

La deposizione di Gianaroli, che spiega di aver pagato l’ex primario più di quanto ha guadagnato dalla convenzione con l’Usl
L'ospedale di Pieve di Cadore dove ha sede il centro di fecondazione
L'ospedale di Pieve di Cadore dove ha sede il centro di fecondazione

PIEVE DI CADORE. «Chi terrebbe aperta una partita iva se non può usarla?». È il giorno di Luca Gianaroli nel processo a carico dell’ex primario del Centro di procreazione assistita di Pieve di Cadore, Carlo Cetera, procedimento che vede imputato anche Gianaroli con l’accusa di corruzione proprio del ginecologo padovano. Presidente di Sismer (coimputata per non aver impedito al proprio dirigente di commettere un reato), Gianaroli ha ricostruito la storia della convenzione tra l’Usl 1 e la sua società per la creazione del centro di Pieve di Cadore, dal 1999 al 2012.

Tutto nacque da un incontro casuale tra i due medici ad un congresso e fu Cetera a proporre la collaborazione, poi però la trattativa con Sismer fu seguita dalla dirigenza dell’Usl 1, così come i suoi rinnovi. Nel complesso sono state 1.422 le donne trattate nel centro, tutte senza complicazioni, 250 i bambini nati, tre i biologi di Sismer impegnati e diversi medici che a rotazione hanno lavorato a Pieve per 60-80 giornate all’anno, fino a quando Cetera è diventato autonomo nel 2007. Il costo della convenzione è rimasto invariato negli anni a 206 mila euro l’anno, comprensivo del personale e del materiale (per ogni ciclo servono 220 strumenti monouso).

«Abbiamo fatturato circa 100 mila euro in meno delle prestazioni effettivamente offerte», ha puntualizzato Gianaroli al collegio formato dai giudici Coniglio, Sgubbi e Cittolin, che devono capire se Cetera abbia avuto o meno un ruolo fondamentale nella convenzione tra Usl 1 e Sismer e nei suoi rinnovi.

Man mano che le sue capacità crescevano, infatti, Cetera è diventato sempre più presente nell’attività di Sismer, sia dal punto di vista della ricerca scientifica, fornendo i dati del centro di Pieve, sia come medico specializzato, intervenendo nell’apertura di centri dall’Est Europa all’Africa. Per quelle attività Cetera è stato retribuito da Sismer: 40 mila euro per gli anni dal 2003 al 2008 e 32 mila euro dal 2009 al 2011. Per un periodo tra le parti c’era anche un contratto di collaborazione.

Secondo l’accusa (pm D’Orlando) con quei pagamenti Gianaroli avrebbe corrotto Cetera affinché convincesse l’Usl 1 a rinnovare la convenzione per Pieve di Cadore ad ogni scadenza. Inoltre, Cetera non avrebbe potuto lavorare e quindi essere retribuito da Sismer o da chiunque altro, se non nel 2006, l’unico anno in cui scelse l’extra moenia.

«Pagavamo Cetera con regolari fatture e lui ci ha sempre dato la sua partita iva. Non ho mai saputo che non poteva utilizzarla», sottolinea Gianaroli spiegando di non aver mai parlato di questo aspetto con i dirigenti dell’Usl 1, con i quali i contatti sono stati rari e solo legati agli aspetti pratici della convenzione. Gianaroli ha contestato anche l’incidenza, ipotizzata dall’accusa, tra il denaro dato a Cetera e i ricavi di Sismer derivanti dalla convenzione con l’Usl 1.

«Il fatturato di Sismer è sempre cresciuto, anche dopo il mancato rinnovo della convenzione nel 2012», ha precisato Gianaroli, insistendo: «Pieve ha avuto un peso di circa il 6% sul nostro fatturato, decisamente meno di quanto abbiamo pagato Cetera, che per noi era indispensabile perché riceviamo innumerevoli richieste di formazione da tutto il mondo». Gianaroli ha affermato di non aver mai saputo che Cetera chiedeva soldi alle pazienti, ha spiegato che il personale Sismer ha fatto formazione in molte occasioni ai dipendenti dell’Usl 1 e, nell’unico momento di sfogo sulla sua imputazione ha detto: «È una tragedia, mi si accusa di una cosa terribile. Mi sento come la feccia della società».

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