«Sono stata umiliata e oltraggiata dalla proposta»

Il racconto della bellunese che ha denunciato Carlo Cetera, responsabile del centro di procreazione medico- assistita di Pieve di Cadore ora agli arresti domiciliari
Il primario Carlo Cetera
Il primario Carlo Cetera

BELLUNO

«Non dica nulla se ci tiene ad avere un figlio». Sarebbero queste le parole dette dal primario Carlo Cetera alla quarantenne bellunese che poi lo ha denunciato. Le ha rivelate lei stessa agli inquirenti, subito dopo la presunta proposta da parte del professionista di “accelerare” la lista di attesa dietro il pagamento di una somma di denaro. Un racconto molto sofferto quello della donna, visto che «per noi quel centro di procreazione assistita era l’ultima speranza, dopo due gravidanze finite male».

Una speranza che i coniugi bellunesi non volevano lasciarsi sfuggire. Ed è per questo che, prima di sporgere denuncia, la donna ci avrebbe pensato a lungo, combattuta, come lei stessa ha confessato, «da una parte dal desiderio di avere un figlio, dall’altro però non potevo accettare una simile richiesta». Visti i modi in cui la proposta le sarebbe stata avanzata, la donna si è sentita «umiliata ed oltraggiata, tanto che ho vomitato, dopo questo primo colloquio, mentre tornavo a casa».

La donna ha confessato agli inquirenti di «essere rimasta confusa. Ho detto va bene», cioè che non avrebbe detto nulla. Da qui, secondo il suo racconto, sarebbero seguite «diverse telefonate del medico per conoscere cosa avevo deciso».

Il primo colloquio col medico della speranza, per quella coppia che da anni cercava di avere un figlio, sarebbe avvenuto nel settembre scorso. «Non capivo cosa mi chiedesse, facendo riferimento alla possibilità di accelerare la lista di attesa, che era di circa due anni. Il primario me lo ha ripetuto diverse volte che avrei dovuto pagare». La donna ha confessato di non aver capito lì per lì a cosa si riferisse il professionista, all’inizio pensava addirittura «si trattasse di una richiesta di andare in un centro privato».

Proprio pensando a questa eventualità, la donna avrebbe iniziato a ragionare a voce alta sulla possibilità di un’assicurazione per pagare i costi, ma a questo punto «il medico si è arrabbiato e, alzatosi dalla poltrona, mi ha detto che non avevo capito nulla, perché i soldi non potevano risultare. A questo punto mi sono sentita umiliata, ho avuto un capogiro: volevo un bambino, ma non potevo accettare simili proposte. E prima di andare via mi ha detto di non dire nulla» .

Dopo questo incontro, sarebbero seguite una serie di altre telefonate del professionista all’indirizzo della donna per conoscere la sua decisione. Durante questo lasso di tempo, la donna ci ha pensato un po’ su, anche perché questo era il primo centro a cui si era rivolta per poter avere il figlio tanto desiderato. Si è confrontata col marito, che «non voleva nemmeno sentir parlare di pagare il medico», poi ad ottobre è arrivata la decisione che ha portato la quarantenne a rivolgersi al comando della Guardia di Finanza di Belluno.

Da questo racconto è scaturita l’inchiesta “Liste disattese”, che ha portato lunedì pomeriggio all’arresto del primario dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia di Pieve di Cadore Carlo Cetera, responsabile del centro di procreazione medico assistita. L’accusa è di concussione aggravata e continuata e alterazione di pubblico servizio.

Nelle prossime settimane gli investigatori proveranno a capire se esistano altre coppie che hanno ricevuto tali proposte. Ad oggi sono una cinquantina (solo del 2011) quelle sospette e su queste si concentreranno le indagini. Poi gli inquirenti andranno a ritroso per capire da quanto tempo questo presunto sistema andava avanti.

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