Sostegno ai piccoli comuni Scopel: «Basta fusioni»

Il Senato approva la legge, la dotazione economica è di 100 milioni fino al 2023 Per 54 sindaci bellunesi un segnale importante: «Contro lo spopolamento»
BELLUNO. Rivoluzione nelle Terre Alte. Il Senato ha approvato in via definitiva la legge per il sostegno dei piccoli comuni.


Sono 54 in provincia di Belluno quelli che hanno meno di 5 mila abitanti. Dal 2017 al 2023 avranno a disposizione 100 milioni di euro, con una dotazione di 10 milioni il primo anno e di 15 milioni per gli anni successivi. Un fondo da dividersi in ambito nazionale. Una miseria, è la prima reazione. Sta di fatto che la legge viene riconosciuta – ad esempio da
Dario Scopel
, sindaco di Seren del Grappa, coordinatore dell’Anpci, l’associazione dei piccoli comuni – come un passo avanti. «Viene finalmente riconosciuta la nostra esistenza, con tutti i problemi ma anche le opportunità che abbiamo. D’ora in avanti, non è la fusione l’unica prospettiva che fino a ieri sembrava esserci riservata».


Certo, le risorse sono poche. Ma un apposito Fondo potrà essere ulteriormente incrementato e reso permanente negli anni successivi, per il finanziamento di investimenti per l’ambiente e i beni culturali, per la mitigazione del rischio idrogeologico, per la salvaguardia e la riqualificazione dei centri storici e la messa in sicurezza di infrastrutture e di edifici pubblici, l’insediamento di nuove attività produttive, e per lo sviluppo economico e sociale. «Dopo tanti anni di duro impegno, anzi, possiamo ben dire di battaglie – tira un sospiro di sollievo
Marco Staunovo Polacco
, sindaco di Comelico Superiore – siamo soddisfatti del contenitore che abbiamo realizzato. Adesso si tratta di riempirlo di contenuti. E di risorse. Alcuni sono delineati, altri di nuovi possono essere implementati. Il tutto per contrastare lo spopolamento. Questa legge indica senz’altro alcune premesse».


Stanuovo Polacco coordina, in particolare, i Comuni bellunesi che non vogliono la fusione, pur lasciando agli altri la libertà di farla. Sono una trentina.


«Questa legge ci da ragione, possiamo ben dirlo».
Ivano Mattea
è sindaco di Danta, a pochi chilometri da Comelico Superiore. «La priorità assoluta che abbiamo è quella di contrastare la denatalità. Non so se questa legge sarà sufficiente per farlo. So però che quest’anno Danta ha avuto solo un nato, mentre i morti sono stati dieci. C’è una signora incinta che dovrebbe partorire il prossimo anno e questo per noi è un grande motivo di speranza» conclude Mattea.


Cento milioni di Fondo non sono tanti per dare fiducia ai popoli delle terre alte. «Ma l’impianto della legge è un primo approccio – riconosce
Leandro Grones
, sindaco di Livinallongo – per metterci tutta la nostra fantasia in nuove politiche che trattengano la popolazione in quota». Grones va subito al dunque e si interroga intorno ai Centri multifunzionali previsti dalla legge. Hanno lo scopo di garantire una molteplicità di servizi anche nei Comuni più piccoli.


«Voglio capire che cosa può starci in questo contenitore – puntualizza Grones –. Le funzioni dipendono dalle risorse, insomma da chi paga. E le risorse sono determinanti anche per assicurare il personale necessario. Mi auguro soltanto che ancora una volta non intervenga la burocrazia che a noi amministratori dei piccoli comuni rende la vita impossibile, anche solo nella sostituzione di un collaboratore in ufficio».


Passando da un capo all’altro della montagna bellunese, sostiamo in Val Zoldana. Qui troviamo il sindaco
Camillo De Pellegrin
. «Ben vengano queste ed altre leggi, ma il problema centrale per contrastare lo spopolamento in montagna è quello del lavoro. Qui in valle abbiamo la fortuna di un’industria che assicura 120 posti. Poi ci sono tante piccole attività, c’è il turismo e c’è la casa di riposo. Ecco perché da noi l’emigrazione non è un fenomeno così devastante. Però, ricordiamocelo – aggiunge De Pellegrin – è inutile garantire i servizi se prioritariamente non implementiamo il territorio di opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani».


De Pellegrin è sindaco di due comuni che si sono fusi. «Restiamo comunque un piccolo Comune, sotto i 5 mila abitanti. La fusione per noi è stata fondamentale. Non è detto, però, che lo sia anche in altre situazioni. Quella approvata ieri, dunque, è una legge che salvaguarda comunque le identità». «Fino ad un anno fa sembrava che i 54 Comuni bellunesi sotto quota 5 mila fossero tutti destinati alla fusione obbligatoria – ricorda Scopel –. Con questa legge, finalmente, si volta pagina. Possiamo ricominciare a respirare. Saranno pochi i 100 milioni, non basteranno a realizzare tutti gli obiettivi. Ma questo è un primo passo dal quale non si potrà tornare indietro. Non siamo ramo secco dell’albero, ma la radice, perché i piccoli comuni sono da valorizzare e non da eliminare».


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