«Sottostimato l’impatto della centrale»

Val di Zoldo, le osservazioni del Comune contestano il progetto sul Maè. L’ente non cambierà la destinazione del terreni

VAL DI ZOLDO. La documentazione del progetto della Dolomiti Derivazioni è incompleta, piena di dati generici, di valutazioni non sufficientemente documentate, mostra una «evidente sottostima degli impatti generati dall’impianto». E in ogni caso il Comune di Val di Zoldo non muoverà un dito per cambiare destinazione ai terreni di uso civico sui quali dovrebbero passare le condutture.

C’è questo nelle corpose osservazioni che il Comune di Val di Zoldo ha depositato ieri per opporsi al progetto della centralina idroelettrica del tipo ad acqua fluente sul torrente Maè, fra le località di Mareson e Pianaz.

Il Comune ha affidato ad professionista– il geologo Jacopo De Rossi dello studio Geodelta – il compito di fare le pulci, sul piano tecnico, al progetto presentato dalla Dolomiti Derivazioni. Mentre il sindaco Camillo De Pellegrin e gli uffici comunali hanno lavorato sulla questione dei terreni di uso civico che sarebbe necessario coinvolgere per realizzare l’impianto.

Un lavoro di controanalisi portato avanti sfruttando tutto il tempo concesso dall’iter del procedimento unico di autorizzazione e verifica assoggettabilità Via (le osservazioni sono state depositate ieri, a ridosso della scadenza di lunedì) per costruire una barriera il più solida possibile contro quel progetto privato sull’acqua del Maè.

Il tecnico ha così affossato quel progetto che, sottolinea, è corposo e articolato ma nella sostanza è lacunoso anche nei documenti fondamentali. Così, ad esempio, non si spiega come si realizzerà il guado necessario per lavorare sull’alveo, e dunque non se ne conosce l’impatto ambientale, ma, addirittura, «il progetto proposto non riporta alcuna misura di portata relativa al torrente Maé».

In parole povere, il progetto di centralina è basato su una quantità d’acqua solo stimata. Anche se misurare quanta acqua scorre realmente nel Maè non è una impresa così complicata, sottolinea il geologo: ci si arriva anche in macchina e comunque non mancano le briglie da sfruttare per misurare la portata. Una lacuna non da poco, secondo l’esperto del Comune. Una lacuna che rende inattendibili tutte le cifre del progetto sulle quantità d’acqua in gioco. Anche quelle, già di per sé preoccupanti, di una portata massima turbinabile di 1.250 litri al secondo «a fronte del rilascio del solo deflusso minimo vitale pari a 125 l/sec per 262 giorni anno».

Ma nelle carte dei privati si tira dritto, fa notare il geologo, anche su altri aspetti, come l’impatto delle opere su una zona che il Piano di assetto idrogeologico definisce come «a pericolosità geologica elevata».

Una bocciatura tecnica alla quale si affianca quella amministrativa sulla questione dei terreni di uso civico necessari all’impianto. È il sindaco De Pellegrin, così, a rivendicare il ruolo del Comune quale garante del diritto degli zoldani a godere dei loro beni di uso civico e del loro ambiente. «Per i terreni in questione il Comune non ha sottoscritto alcun contratto di alienazione o concessione a terzi, né ha avviato alcuna richiesta di autorizzazione regionale al mutamento di destinazione», scrive. Né ha intenzione di farlo in futuro.

«Segnalo come dato inquietante», commenta De Pellegrin, «che il mio Comune in questi ultimi 18 mesi ha speso una cifra che si aggira sui 20 mila euro per far fronte a tutte le spese necessarie per ricorsi e osservazioni. Naturalmente non sono buttati se l’amministrazione ritiene il proprio patrimonio ambientale un valore da difendere, e pertanto non ci fermeremo e tutto quanto sarà possibile fare, lo faremo. Speriamo che da parte del nuovo governo ci sia una totale rivisitazione sul tema degli incentivi, considerando che sono l’unica causa reale di questa situazione paradossale. Un Comune deve spendere risorse importanti, che ovviamente nessuno rimborserà, “solo” per difendere se stesso da aggressioni esterne. Tutto questo è inaccettabile».

Stefano De Barba

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