Sportello ascolto a scuola: sempre più studenti chiedono il sostegno degli psicologi
Molti i casi di ansia e disturbi alimentari. Non mancano le violenze domestiche. Le presidi: «Seguiamo anche numerose famiglie»

«Ho bisogno di parlare con lo psicologo». Se fino a qualche tempo fa famiglie e studenti si vergognavano a chiedere il supporto di uno specialista per superare i malesseri interiori, ora la paura dello stigma è superata nella gran parte dei bellunesi. Chiedere aiuto quando si sta male è la prima cosa da fare per evitare problemi maggiori e le possibilità oggi a disposizioni sono tante: dal “bonus psicologo” agli psicologi presenti nelle scuole, le cui ore di attività sono state potenziate dopo il Covid e grazie ai fondi del Pnrr.
Nelle scuole medie
Il supporto ai mali dell’esistenza arriva già alle scuole medie. Nell’Ic 2 Tina Merlin, il 13% degli studenti si rivolge in maniera molto spontanea allo sportello di ascolto su richiesta della famiglia. Lo spiega la dirigente scolastica Bruna Codogno, che evidenzia come il fenomeno sia aumentato e come sia cambiato l’approccio a questi strumenti.
«Alle medie c’è molto lavoro per lo sportello di ascolto», precisa la preside, «ma se fino a qualche anno fa notavamo una certa resistenza da parte delle famiglie nel compilare il modulo per richiedere questo servizio gratuito, adesso le riluttanze si sono abbassate e molte famiglie chiedono spontaneamente che i loro figli parlino con lo psicologo. Psicologo che molto spesso offre una consulenza anche alla famiglia e in alcuni casi anche agli stessi docenti, soprattutto quando il problema si fa complicato».
Ma quali sono i “mali” dei ragazzi delle medie? «I casi di autolesionismo sono in calo, ma aumentano i problemi legati alla scarsa relazione con i compagni, soprattutto in seguito a post sui social che si trascinano nella vita quotidiana. Notiamo anche molta solitudine: le occasioni di socialità sono sempre meno e la maggior parte di loro sono legate all’attività sportiva che diventa un elemento importante per i ragazzi. A isolare i nostri ragazzi, oltre ai social, c’è anche il fatto che molto spesso i genitori sono fuori casa tutto il giorno per lavoro».
Una situazione che evidenzia la fragilità di base di molte famiglie. «Sono gli stessi genitori a essere spesso indecisi sul loro ruolo e alcune situazioni – come un brutto voto a scuola – diventano una tragedia. Le famiglie investono tantissimo sui loro figli e vogliono che arrivino i frutti, ma se qualcosa non funziona il genitore si sente in colpa. Qualsiasi cosa accada al figlio viene vissuta come un attacco personale e i genitori che faticano a sostenere certi problemi. In questo cosa lo psicologo assume un ruolo fondamentale, aiutando il più delle volte figli e genitori a trovare la sicurezza perduta».
Alle superiori
Anche alle scuole superiori si investe molto sul supporto psicologico, aumentando – grazie alla misura ad hoc del Pnrr – questi servizi.
All’istituto Catullo, tra quelli con il maggior numero di iscritti e con un numero elevato di studenti certificati, la dirigente Violetta Anesin evidenzia come «gli accessi agli sportelli di ascolto siano davvero molti. Grazie ai vari decreti ministeriali, abbiamo in programma di fornire 480 ore di mentoring di ascolto attivo in ambito psicologico e a queste si aggiungono le 850 ore erogate sempre in ambito psicologico. C’è un dispiegamento enorme di risorse economiche e umane per aiutare i ragazzi», precisa la preside, che poi passa ad evidenziare le criticità maggiori degli studenti: «Il 90% dei problemi è legato all’ansia, poi c’è la mancanza di motivazione scolastica oltre al ritiro sociale».
Da non sottovalutare i problemi alimentari e qualche caso di violenza domestica. «In questi ultimi casi, tramite lo psicologo, si è lavorato per far prendere coscienza ai ragazzi interessati della situazione per poi passare all’allontanamento dalla famiglia», spiega la dirigente.
L’aumento di situazioni difficili tra i ragazzi, infatti, dipende anche dalle criticità familiari.
«Spesso i genitori si pongono come amici dei figli, sono frequentemente separati e questo crea conflittualità tra mamma e papà. Pur interessandosi molto dei figli, talvolta i genitori non riescono ad aiutarli perché si sentono disorientati e chiedono consiglio alla scuola. C’è sicuramente un approccio diverso verso lo psicologo, non c’è più quel timore di venire stigmatizzati e questo è positivo perché permette ai professionisti di intervenire». —
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