Stagionali quasi tutti stranieri: «I bellunesi non si presentano»
BELLUNO
La stagione turistica non termina con l’inizio dell’anno scolastico. Con la giornata di ieri ha chiuso solo qualche albergo. Gli stagionali sono in gran parte ancora al lavoro. Se ne contano circa 3 mila l’anno in provincia, in 2 mila circa hanno operato nel pieno della stagione estiva fra alberghi, ristoranti, impianti. Oltre il 50 per cento di loro è di origine straniera.
«Sono tanti e lo sa perché? Perché», spiega con schiettezza Rosanna Roma, presidente della Fipe Belluno e vicepresidente regionale, che a Pieve d’Alpago conduce con il marito il ristorante Dolada, «gli italiani preferiscono la cassa integrazione e il reddito di cittadinanza. Anche quest’estate, seppur con numeri diversi di personale, abbiamo faticato a recuperare qualche italiano». Dall’altro capo della provincia lo conferma Leandro Grones, albergatore ad Arabba, oltre che sindaco di Livinallongo. «In giugno le assunzioni sono state con il contagocce, qualcuna in più a luglio. Ma in agosto, aumentando le presenze, abbiamo cercato disponibilità sul mercato degli stagionali. È stato difficile trovarne anche per un mese soltanto».
Non più di 600 contratti in giugno, come riferisce Luca Dal Poz. «Mi risulta che all’inizio stagione, quindi ai primi di luglio», specifica Fulvia Diana Bortoluzzi, del Commercio Cgil, «era stato contrattualizzato soltanto il 50% del personale in servizio l’estate 2019».
«Ci sono delle prestazioni che, in effetti, i nostri preferiscono non fare», specifica Dal Poz. «Gli italiani, però, continuano ad essere i preferiti, ad esempio, in cucina e in sala».
«La cucina è fondamentale per la ristorazione. Ormai vince la qualità», conferma Roma. «E la qualità del servizio fa la differenza anche in sala. La cortesia, che è elemento fondamentale della qualità, ti mette al riparo da ogni problema».
Sono i romeni e le romene ad affollare i servizi di supporto alla cucina e il riordino delle camere. Cominciano ad arrivare anche i moldavi. La sindacalista Bortoluzzi spiega che, però, il mercato del lavoro è in evoluzione. «Nelle grandi catene di alberghi e ristoranti, piano piano sono gli italiani ad essere parcheggiati nelle mansioni più umili. L’accoglienza, per esempio, è esercitata dai russi. Per la semplice ragione che sono più professionali e conoscono 4 lingue. In sala opera sempre più numeroso il personale straniero, perché più qualificato e, grazie alle lingue, accompagna più puntualmente gli ospiti».
La differenza si vedrà già il prossimo inverno, a Cortina, con i Mondiali di sci. Niente italiani dal Meridione? Pure loro preferiscono la cassa integrazione? «D’estate pochi, a meno che non siano grandi cuochi», risponde Grones. «D’inverno, invece, molti. Qui in valle spopolano i sardi». Ma con la neve ci sono pure i romeni ed i moldavi. E i russi.
Mette le mani avanti la dirigente Cgil: «La formazione selezionerà anche gli stagionali. E, purtroppo, un altro elemento di razionalizzazione del settore sarà questa brutta crisi. Con il lockdown ci siamo mangiati tutta l’Aspi, cioè la disoccupazione integrata dal governo. Doveva essere prolungata di due mesi, il che non è ancora avvenuto. Che cosa accadrà se dovremmo far fronte ad una nuova disoccupazione prima della stagione invernale?».
E con gli alberghi dell’estate ancora aperti, è già scattata da parte dei consorzi e dei singoli la caccia allo stagionale per il circo bianco. «Non vorremmo trovarci», confessa Grones, «nelle condizioni di agosto. Magari di cuochi o aiuti cuoco in cucina ne troviamo, perché la maggior parte degli studenti degli istituti alberghi punta a questi insegnamenti, ma sono altrettanto nobili gli altri servizi. L’importante è svolgerli con dignità. I nostri operatori, non lo si dimentichi, sanno essere molto riconoscenti».
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