Stagione di caccia al via per 2.943 con l’incognita vigilanza

Le doppiette bellunesi sono divise in 67 riserve, ieri la preapertura. Allarme di ltalcaccia: «Guardie fondamentali, quale futuro senza la Provincia?»
Due cacciatori ripresi durante una battuta. ETTORE FERRARI /ANSA/JI
Due cacciatori ripresi durante una battuta. ETTORE FERRARI /ANSA/JI

BELLUNO. È tempo di rispolverare i fucili per i cacciatori bellunesi, 2.943 in tutto divisi in 67 riserve di caccia dal Feltrino al Comelico. La stagione è ormai alle porte. Da ieri è scattata la preapertura per la caccia alle specie migratorie, a fine agosto è partita la caccia agli ungulati, il 18 settembre apre la stagione come previsto dal calendario venatorio regionale.

Veterani e giovani. Il cacciatore più anziano della provincia di Belluno è un feltrino classe 1923. Per questa stagione deve ancora ritirare il documento di caccia, ma ciò che è certo è che nella scorsa stagione aveva avuto tutti i permessi in regola e così potenzialmente anche quest’anno. Subito dietro nella classifica dei veterani c’è un “collega” di due anni più anziano che si è già presentato negli uffici per ritirare il permesso. Dai più anziani ai più giovani: i neofiti sono due diciottenni che hanno sostenuto l’esame a maggio e quindi hanno raggiunto la maggiore età nei primi mesi del 2016. Licenza fresca anche per tre ragazzi della classe 1997. Entro la fine dell’anno è in programma un’altra sessione di esami.

Polizia provinciale e controlli. «All’orizzonte c’è la soppressione delle Province. Cosa ne sarà della polizia provinciale? Il pericolo è che manchi la vigilanza sull’attività venatoria». A lanciare l’allarme è Guido Calvani, presidente della sezione di Belluno di Italcaccia, una delle associazioni dei cacciatori. «Siamo per primi noi cacciatori a chiedere e volere la presenza delle guardie che garantiscono ordine, non solo repressione», chiarisce Calvani, «Certi episodi gettano fango su tutta la categoria, se ci sono delle mele marce vanno tolte. Noi cacciatori siamo persone perbene». Il futuro della polizia provinciale è a rischio e il presidente bellunese di Italcaccia non fa mistero che la circostanza lo preoccupi non poco, e lo stesso dicasi per l’intera categoria. «Come associazione ci siamo già dotati di dieci guardiacaccia e guardiapesca che collaborano con le altre guardie», chiarisce.

La preapertura. Ieri è scattata la prima giornata cosiddetta di preapertura. Le altre sono in programma domani, domenica 4, sabato 10 e domenica 11 settembre, nelle quali è consentita la caccia ad appostamento fisso o temporaneo a merli, tortore, ghiandaie, gazze, cornacchie nere e grigie. Si tratta di un tipo di caccia molto tradizionale, specializzata e in calo nel nostro territorio a differenza di quanto avviene nel Vicentino, spiegano dalla Provincia.Quest’anno ci sono solo otto appostamenti fissi soprattutto nel Feltrino, lo scorso anno erano tredici, dieci anni fa ben di più. Solo chi è in possesso di uno speciale permesso può effettuare questo tipo di caccia alle specie migratorie. La maggior parte delle doppiette bellunesi ha l’autorizzazione per la cosiddetta “caccia vagante in zona Alpi”, classificazione nella quale ricade tutto il territorio provinciale.

Italcaccia critica il calendario. «Siamo nelle mani dell’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) che dà le indicazioni sui calendari, non conoscendo i problemi della zona. Da noi ad esempio il cervo provoca gravi danni alle poche colture di montagna», dice Calvani, «Il mondo animalista non capisce che i primi a pagare le conseguenze della presenza massiccia sono gli agricoltori. Ma patiscono anche le stesse foreste».

Il fronte animalista. Stagione al via anche per il mondo animalista, da sempre impegnato in attività informative (e in alcuni casi anche dimostrative) contro la caccia. «L’opposizione è fondamentale», spiega senza mezzi termini Cristiano Fant, presidente della sezione bellunese dell’Enpa, l’Ente nazionale protezione animali, e vicepresidente del movimento “Siamo tutti animali”. «La caccia è un’attività inutile per limitare il numero di esemplari di una certa specie, nonostante questa sia una delle teorie sempre ribadite dai cacciatori», spiega Fant, «Quando una specie si è insediata in un territorio, è impossibile da togliere. Senza contare che la caccia è un’attività pericolosa: i cacciatori spesso sparano senza guardare». Ma non è tutto, perché secondo il presidente dell’Enpa bellunese nella caccia c’è pure un aspetto legato all’inquinamento dell’ambiente: «Non sono ancora vietate le munizioni al piombo, nonostante l’uso stia andando sempre più riducendosi». Tra gli altri rischi paventati da Fant, la cosiddetta “migrazione venatoria”, ossia la possibilità data ai cacciatori di sparare non solo nella propria provincia, ma anche in altre aree. «Sono persone che non conoscono la zona e spesso anche le specie presenti. Non sanno dunque come muoversi, con tutti i rischi del caso», conclude Fant, «Dobbiamo ricordare che il cacciatore non è un professionista, bensì un hobbista che gira armato». Il consiglio per chi si avventura a passeggiare in zone di caccia è quello, oltre che di vestirsi con abiti dai colori sgargianti, di dotarsi di un fischietto con cui segnalare la propria presenza.

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