Stangato l’amministratore di sostegno

Due anni e 10 mesi e risarcimento di 50 mila euro: il giovane non pagava le rette dell’ospizio del papà
AGORDO. Grava contro Grava. Silvano junior è stato condannato a due anni e 10 mesi per peculato e rifiuto di atti d’ufficio, oltre che al risarcimento di 50 mila euro al padre Silvano Grava senior: il tribunale collegiale ha stabilito 42 mila 662 euro di danni patrimoniali e il resto morali. Concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, contestate all’amministratore di sostegno del padre, ospite della casa di riposo di Taibon. I giudici Coniglio, Scolozzi e Cittolin hanno accolto le richieste del pm Marcon e del difensore di parte civile Hofer. Mentre il difensore Garlet si era molto speso per ottenere l’assoluzione del suo assistito, perché il fatto non sussiste o almeno per insufficienza di prove.


Per lui il reato avrebbe dovuto essere al massimo quello di appropriazione indebita e non di peculato, premesso che l’imputato è incensurato, vive una situazione familiare obiettivamente difficile e ha tenuto un buon comportamento processuale. Ieri Garlet ha rinunciato al suo esame, dopo che aveva deposto la dottoressa dei servizi sociali di Agordo, che si era occupata della famiglia Grava, alle prese con molti problemi d’invalidità al 100 per cento e piccole pensioni. Dopo che era stata chiesta l’interdizione di Silvano senior, il figlio era stato nominato amministratore di sostegno e, quindi, aveva un ruolo da pubblico ufficiale, ma già in precedenza il giovane aveva la delega a operare sul conto corrente dei genitori ed è su questo che ha puntato il difensore.


Ritirava le tre pensioni del padre (anzianità, invalidità e svizzera) per 1.400 euro e non pagava la retta della casa di riposo da 980 euro al mese. Si sarebbe impossessato di 30 mila euro, spendendo parecchi soldi in tecnologia: televisori e telefoni cellulari. Aveva studiato da cuoco, ma comprava cibi precotti e non lavorava. Sono stati i servizi sociali a trovargli un impiego in una cooperativa. La procura ha ritenuto dimostrati entrambi i reati e chiesto una condanna di conseguenza. La parte civile chiesto il risarcimento e la difesa cercato di smontare tutto.


Il collegio è entrato in camera di consiglio e ne è uscito con una condanna. Da dire che il padre dell’imputato aveva chiesto che l’amministratore non fosse un familiare. Una volta in casa di riposo, chi doveva pensare al pagamento delle rette non ci ha mai pensato fino ad accumulare un debito di 16 mila euro. I servizi sociali hanno sottolineato che l’amministrazione della famiglia era alquanto dissennata, in quando si facevano acquisti incomprensibili: l’imputato aveva più di un telefonino e comprava tecnologia costosa e, in parte, inopportuna. Un utilizzo dei soldi che il giudice tutelare non aveva mai autorizzato. Silvano Grava junior era amministratore, dunque pubblico ufficiale, e non ha mai presentato rendiconti, dunque va condannato.
(g.s.)


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