Stipendi d’oro? «Siamo poveri ricchi»

Sul web i redditi dei dirigenti e dei medici Usl, ma sono compensi lordi. Il dg Simoni: «Pronto a mostrare la busta paga»
Di Laura Milano
Feltre, l'ospedale Santa Maria del Prato - A destra e sotto l'ospedale di Feltre Per l'Usl 2 lo 0,3% di fondi in piu'
Feltre, l'ospedale Santa Maria del Prato - A destra e sotto l'ospedale di Feltre Per l'Usl 2 lo 0,3% di fondi in piu'

FELTRE. Medici, dirigenti e persino i direttori della dirigenza strategica sono dei poveri ricchi. Gli stipendi, pubblicati per ordine di Brunetta ai fini della trasparenza, sono lordi, comprensivi di tredicesima e senza libera professione. Alla fin fine chi ha un reddito lordo annuale di oltre 136 mila euro, in busta paga si ritrova 4500 euro al mese. Lo stesso direttore generale Bortolo Simoni che il Cud 2011 porta alla ribalta con uno stipendio da capogiro (154 mila euro), vive bene lo stesso, ci mancherebbe, ma non arriva a settemila euro netti al mese.

Lo dice senza tema di smentita: «Se si vuole, pubblico anche la mia busta paga», e ci ironizza pure. «Sono solo al ventisettesimo posto degli incassi lordi aziendali, a me è inibita qualsiasi altra attività avendo un rapporto esclusivo in seno all’Usl, dal 2008 non percepisco alcun premio incentivante e sono un precario, cioè quando mi scadrà il mandato non so dove andrò a lavorare».

Il riferimento ad “altra attività” è quello alla libera professione. Che per alcuni dottori fa indubbiamente la differenza, anche se i dati sono oscurati dopo il ricorso che fecero i professionisti dell’Usl 8 a seguito di pubblicazione con nome, cognome e volume di affari prodotto intramoenia, ma che nel caso dell’azienda feltrina dovrebbe riguardare con evidenza solo i medici di un paio di unità operative, peraltro tenute sotto il monitor. Si va da qualche migliaio di euro annui a punte massime di duecento mila euro, nonostante all’Usl 2 si prevengano azioni di controllo da parte della Regione o dei Nas, con un comitato interno che vigila ogni mese e che rendiconta ogni tre mesi sui volumi di attività prodotti in istituzione, cioè intramoenia. È la normativa a prevedere controlli sulla percentuale di attività privata svolta fra le quattro mura ospedaliere al fine di garantire un equilibrio fra prestazioni ambulatoriali e quelle erogate in libera professione che se sono in numero percentualmente più elevato possono ripercuotersi sulle liste di attesa e sui disservizi all’utenza. È anche vero che l’intramoenia è favorita dalle aziende, purché appunto non superi il massimo consentito, per agevolare i pazienti rispetto a tariffe controllate dalla dirigenza a cui spetta il trenta per cento per ogni prestazione. Gli stessi sumaisti (professionisti convenzionati per attività ambulatoriale), a livello di libera professione, sono stati assimilati agli ospedalieri.

Per quanto riguarda gli stipendi dei medici ospedalieri a libro paga dell’Usl, ci sono disparità di trattamento dovute all’anzianità di servizio dei capi dipartimento (è il caso del primario di pneumologia Franco Zambotto che ha uno stipendio lordo di oltre 136 mila euro, per un netto mensile di 4,500 euro), al numero di anni in cui si presta servizio (fino a 60 mila euro lordi per chi lavora da cinque anni, dai 60 mila euro in su per chi ha assommato almeno quindici anni), fino agli incarichi di unità operativa semplice o unità operativa complessa. Unità semplici sono ad esempio lungodegenza con la responsabile Anna Casanova che percepisce poco più di 84 mila euro lordi, oncologia (Romana Segati supera di poco gli 85 mila euro nonostante sia all’Usl dal 1994) e oculistica con Alessandro Setti che guadagna poco più di 66 mila euro lordi. Nulla a che vedere con i primari veri e propri che superano abbondantemente i centomila euro, come nel caso di Michele De Boni e di Giovanni Di Mambro.

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