Strade sparite e frane ovunque
VAL DI ZOLDO. Tragici eventi da cui il territorio uscì profondamente segnato, tanto da cambiare in modo permanente la propria geografia. In quel novembre del 1966, dopo due giorni di neve e pioggia torrenziale, i torrenti Maè, Pramper e Mareson, oltre a molti altri corsi d’acqua, scaricarono a valle, in poche ore, milioni di metri cubi di fango, ghiaia, massi e alberi.
L’alveo dei torrenti si innalzò fino a raggiungere anche i dieci metri, ricoprendo strade e frazioni. Molte case e botteghe artigianali furono spazzate via. Nel volume “Novembre 1966. L’alluvione” si spiega che, all’epoca, ci volle tempo prima che trapelasse qualcosa su quanto era accaduto e stava accadendo «tra Pelmo e Civetta a monte di Igne». Il cronista Fiorello Zangrando descriveva lo scenario con queste parole: «Lo Zoldano è isolato da due giorni, per cui nessuna notizia precisa si ha dalla vallata. Giuseppe David, da Ponte nelle Alpi, e il rappresentante trevigiano Marcello Da Ponte sono riusciti a raggiungere a piedi Ponte nelle Alpi dopo aver lasciato l’auto a Pontesei. Hanno raccontato che la strada da Longarone a Forno è interrotta da frane e smottamenti e che dopo la centrale la statale non esiste più».
L’alveo del Maè era paurosamente allargato e il torrente, straripando, aveva investito il vecchio municipio. Nel volume si ricorda che il presidente della Repubblica Saragat arrivò due settimane dopo il disastro. A lui l’allora sindaco Santin illustrò la situazione: «La sede municipale funziona nelle elementari di Forno, dove si ricevono le prime denunce dei danni causati dall’alluvione», spiegava. «Tutti sono d’accordo nel vedere nella diga la causa maggiore dei danni».
E, oltre la diga di Pontesei, il piano viabile non c’era più e la parte superiore del bacino era letteralmente coperta da legname e masserizie. Dal bivio di Fornesighe, isolata, la strada fino a Villanova era sparita. A Dont l’acqua del Maè correva lungo la strada principale, una grande frana era caduta a monte di Pralongo e Zoldo Alto risultava isolata, con una casa e numerosi fienili distrutti, oltre a moltissimi edifici scoperchiati dal vento in tutte le frazioni. «A distanza di anni vogliamo ricordare quei tragici eventi e, nel contempo rendere omaggio all’amministrazione di allora e alla popolazione che seppero reagire, con la volontà e la determinazione della gente di montagna, a quella difficilissima prova», mette in evidenzia Zanettini. «Dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni e a coloro che non vissero quell’esperienza la ricostruzione documentata di quello che fu l’impatto dell’evento». (m.r.)
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