Studio di Legambiente: la montagna frana in 28 comuni bellunesi

Rischio idrogeologico: provincia bocciata. Borca e Longarone tra i peggiori
L’imponenza della frana del Tessina
L’imponenza della frana del Tessina
BELLUNO.
La questione idrogeologica resta aperta e, anzi, in alcuni comuni è preoccupante. A dirlo è l'ultimo studio di Legambiente dove si evidenzia come il Bellunese sia uno dei territori più fragili del Veneto. A Belluno i municipi a rischio sono il 41 per cento. Molti di questi sono accusati di non fare abbastanza: tra i peggiori Livinallongo, Cencenighe, Longarone e Borca di Cadore.

L'indagine è stata svolta da Legambiente in collaborazione con il Dipartimento della protezione civile per conoscere la condizione dei comuni classificati a rischio idrogeologico ed è stata condotta attraverso un questionario alle amministrazioni. Non tutti hanno risposto, ma il quadro sembra esauriente.

Lo studio si è concentrato soprattutto sugli strumenti che hanno in mano i singoli enti locali: dagli interventi di delocalizzazione di abitazioni e di altri fabbricati dalle aree a rischio alla redazione dei piani di emergenza, che - sottolinea Legambiente - «devono essere aggiornati e conosciuti dalla popolazione perché sappia cosa fare e dove andare in caso di emergenza». Zoom poi sui sistemi di controllo e allerta, informazione, esercitazioni.


Belluno "dissestato".
Tra i comuni a rischio idrogeologico c'è anche Belluno città, ma la valutazione di Legambiente sulle misure adottate dall'amministrazione è complessivamente buona. Belluno si è aggiudicata un più che dignitoso sette, contro il sei e mezzo di Verona e il cinque di Padova. Meglio di noi fa Vicenza: sette e mezzo. Secondo quanto ha dichiarato l'amministrazione in città non sarebbero presenti strutture in aree pericolose.


Borca maglia nera.
Va male, anzi malissimo a Borca di Cadore, comune tristemente noto per la frana di Cancia. La relazione è impietosa: «Pur avendo abitazioni, aziende e interi quartieri in aree a rischio, non si è avviato alcun intervento di delocalizzazione, né si è dotato dei necessari strumenti per organizzare un buon sistema locale di protezione civile». E ancora: «Se da un lato si sono organizzate attività di informazione ed esercitazioni, il comune non dispone di un piano d'emergenza». Nessun riferimento ai due morti del luglio 2009 quando madre e figlio rimasero imprigionati nella loro casa da una colata di melma proveniente dall'Antelao. Il voto di Legambiente è impietoso: 1,5.


E gli altri?
Di venti comuni bellunesi che hanno risposto al questionario, buona parte ha fatto una figura barbina, muovendosi fra lo "scarso" e l'insufficiente. E' il caso di Comelico Superiore (giudizio: due e mezzo) e di Cencenighe, dove i problemi idrogeologici non sono certo una novità. Sono nelle zone basse della classifica anche Livinallongo e Longarone. Qui - sottolinea Legambiente - continuano a esserci troppi insediamenti in zone a rischio.

Sono stati giudicati scarsi - in materia di prevenzione e pianificazione - gli sforzi dei comuni di Vallada, Taibon, San Vito di Cadore, Perarolo, Zoppè, Vodo e Cibiana.


Chi va bene.
Albergano invece nelle posizioni alte della classifica Belluno, Agordo e Chies d'Alpago, comune dove recentemente è ritornata alta l'attenzione attorno alla frana del Tessina. Tutti e tre i comuni - secondo Legambiente - hanno adottato misure buone. Sufficienti sono invece stati giudicati Falcade, San Tomaso Agordino, Fonzaso, Rocca Pietore e San Pietro di Cadore. Ma il problema resta generale: come coniugare lo sviluppo del territorio con le esigenze di sicurezza? A Belluno più che altrove nessuno può permettersi leggerezze.

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