Sui piccoli punti nascita la Ciotti scrive al ministro

«Rifletta prima di decidere. Si rende conto dei rischi che correrebbe quassù una donna incinta?». I drammi di questi giorni avvenuti in grandi ospedali
Di Vittore Doro

PIEVE DI CADORE. «Chiedo al ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, di rivedere il provvedimento, varato forse sull’emozione della morte delle giovani mamme e dei loro figli avvenute in questo periodo, con il quale prevede la chiusura dei reparti che hanno meno di 500 parti all’anno».

Il sindaco di Pieve di Cadore, Maria Antonia Ciotti, non intende insomma piegarsi al provvedimento del governo; e, come sua abitudine, non si fa problemi nel mettere in tavola le proprie ragioni . E’ una lettera dura quella che il primo cittadino indirizza al ministro, che ruota intorno alla difficoltà di chi abita lontano dalla montagna di comprendere realmente la portata del problema. E così la Ciotti chiede al ministro se sa cosa vuol dire per una giovane sposa vivere in Cadore, cioè in montagna, ed attendere un figlio; ed ancora «se sa cos’è un distacco di placenta, che richiede un intervento d’urgenza, ossia entro 20 - 30 minuti essere in sala operatoria, altrimenti mamma e bambino muoiono».

«Ciò che realmente stupisce», aggiunge Antonia Ciotti, «è però che il ministero della Sanità si accanisce contro le strutture con un numero di parti inferiori ai 500, quando i fatti luttuosi di questi giorni sono stati registrati in strutture che ogni anno mettono al mondo migliaia di bambini. Perché allora questo accanimento contro le piccole strutture sanitarie di montagna, come l’ospedale San Giovanni Paolo II di Pieve, dove fatti luttuosi come quelli successi in questi giorni nelle grandi strutture di pianura non sono mai successi? Un provvedimento come quello da lei approvato», prosegue il sindaco Ciotti rivolgendosi al ministro, «significherebbe un ulteriore, notevole contributo allo spopolamento della montagna. Si metta nei panni di una donna incinta che abita a Cortina o in Cadore; in questo momento, un ospedale sicuro dove può essere seguita si trova al massimo a 30-40 minuti di auto. A causa del suo provvedimento, quella donna sarebbe invece obbligata a scendere a Belluno, distante altri 40 chilometri. Per raggiungere il capoluogo nei giorni normali servirebbe un’altra ora, mentre nei giorni di massimo afflusso turistico ne occorrerebbero anche tre in più. Provi a pensare se la sua famiglia venisse in vacanza a Cortina ed una sua figlia incinta avesse dei problemi. Servirebbero almeno 4 ore per raggiungere l’ospedale San Martino di Belluno. La montagna», prosegue ancora il sindaco Ciotti, «ha già dato negli anni scorsi, sulla scia del provvedimento del 2012. Come ha affermato ieri mattina anche l’assessore alla Sanità del Veneto, Luca Coletto, in una intervista trasmessa dalla RAI alle 7,30 del mattino, nella nostra regione tutto è già stato fatto ed i centri nascita, come quello di Pieve di Cadore e quello di Venezia, sono dimensionati secondo le necessità del territorio. Un ulteriore intervento non avrebbe ragione d’essere. Mi auguro, signor ministro», conclude Antonia Ciotti, «che lei legga attentamente questa mia lettera e ne tragga le opportune e positive considerazioni».

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