Supplenze, la rabbia dei mille precari

Scuola, ieri l’assegnazione delle cattedre. «Lo Stato ci costringe a vivere nell’incertezza, con tanti che ci passano davanti»
Di Paola Dall’anese

BELLUNO. Non si può fare l’abitudine al precariato. Lo hanno dimostrato ieri i tanti insegnanti raccolti all’Iti Segato (notata da tutti, anche dall’Ufficio scolastico, l’assenza del “mitico” docente di ginnastica Fabrizio Pra Mio, che l’anno scorso, dopo quasi 30 anni da precario, è passato di ruolo) per la consueta operazione di assegnazione delle supplenze (fino a giugno o ad agosto).

Seppur calmi e dignitosi per educazione, in loro cresce una rabbia che sale in base agli anni di attesa, durante i quali si sono visti sorpassare in graduatoria (anche grazie a leggi che di anno in anno vanificano quanto fatto prima). E sono tanti i precari bellunesi della scuola che resteranno a bocca asciutta anche quest’anno: per il migliaio di iscritti alle graduatorie ad esaurimento, infatti, i posti a disposizione sono appena 250.

Le storie. La rabbia esplode in Antonio Iannuzzi, 52 anni, da 26 anni in attesa di passare di ruolo. «Non è possibile che un anno sono in una posizione e l’anno dopo slitto in giù perché arriva qualcuno da fuori oppure perché viene emanata una legge che avvantaggia qualche docente in particolare», dice il docente che vive a Pieve di Cadore e insegna ragioneria a Santo Stefano.

«Per 25 anni ho dimostrato coerenza e professionalità, ma le politiche sono cambiate, capovolgendo tutto: l’unica certezza è l’incertezza. Una professione che naviga più a vista di noi non esiste», riflette. «E se anche un giorno prenderò il ruolo, ormai quello che ho perso nessuno me lo restituirà. Quello che chiediamo è una scuola basata sulla meritocrazia. Ho fatto da tutor a tanti colleghi che ora sono già di ruolo».

Iannuzzi e l’amico Paolo di Belluno, da 22 anni in attesa di un posto fisso, se la prendono con lo Stato e con le leggi che ribaltano ogni anno la situazione. «Prima c’era la norma che prevedeva un doppio punteggio a chi lavorava in montagna. Per questo, tutti sono venuti quassù, ma l’anno dopo un’altra norma ha cancellato la regola e ci siamo trovati punto e a capo. E poi cosa dire del fatto che lo Stato ritiene che chi ha insegnato per cinque anni come docente di sostegno sia più competente degli altri, tanto da farli passare avanti a chi da 20 anni fa questo mestiere?». I “supplenti” se la prendono anche con il concorso: «Perché dopo decenni di insegnamento dovrei farmi giudicare in 20 minuti di lezione?».

Sconcertati Massimo Perco ed Elio Alchini, docenti di diritto, precari rispettivamente da 22 e 19 anni. «Siamo qui con tanta frustrazione perché ogni anno ci vediamo scalzati da qualche altro. Non c’è continuità didattica, ma nemmeno certezza. E la cosa che colpisce è come, con la riforma Gelmini, il diritto sia sparito del tutto dalle scuole, anche da quelle dove dovrebbe essere fondamentale. Basti pensare alla scuola per geometri: senza diritto, cosa sanno della responsabilità civile dei cantieri o come potranno fare le successioni di morte?».

Peggio va per Elisabetta Sacco, 36 anni, docente di storia a filosofia. «Sono ottava in graduatoria e non riesco a prendere una cattedra annuale, devo rimettermi alle supplenze assegnatemi dai presidi, essendo così costretta a lavorare d’estate in un centro estivo e a fare la cameriera».

Scontenti anche i sindacati. Walter Guastella della Flc Cgil è rimasto stupito «del fatto che su una cinquantina di posti disponibili per il sostegno, soltanto cinque dal ministero siano stati immessi in ruolo».

Per Milena De Carlo, dello Snals, invece, «quest’anno c’è stata molta confusione per il concorso e per i posti da assegnare in alcune classi di concorso; pare che anche nella nostra provincia sia avanzato un posto che dovrà essere aggiunto».

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