Tamponi dai medici, i camici bianchi bellunesi pronti a fare la loro parte

Ma chiedono luoghi adeguati e sicuri dove effettuarli, non certo i loro ambulatori

BELLUNO

I medici di medicina generale bellunesi sono pronti ad eseguire i tamponi rapidi ai pazienti sintomatici, anche se non apprezzano i toni dell’ordinanza del governatore Zaia.

Il fiduciario della Fimmg

«La Regione non può obbligare tutti a fare i tamponi, dicendo che altrimenti salta la convenzione», dice Fabio Bortot, fiduciario della Fimmg e medico coordinatore della medicina di gruppo integrata Belluno Dolomiti di Belluno, la più grande del capoluogo. «Le motivazioni per cui possono toglierci la convenzione sono ben determinate», sottolinea Bortot che aggiunge: «I tamponi li faremo perché abbiamo deciso di farlo, ma soltanto se ci saranno garantite condizioni di sicurezza adeguate».

Il fiduciario della Fimmg fa presente che «non è certo il medico ad eseguire il test ma l’infermiere, poi il medico lo leggerà. E tutto il personale dovrà poter contare su dispositivi di protezione individuale adeguati». Bortot inoltre sottolinea anche un altro aspetto fondamentale. «Non si può certo pensare che questi test siano eseguiti nei nostri ambulatori che spesso sono inseriti in complessi condominiali dove non è possibile avere ingressi separati. Per cui chiediamo all’Usl di sederci ad un tavolo e definire i criteri per ottenere degli spazi adeguati. Io un’idea ce l’avrei e sono pronto a condividerla con l’azienda. D’altra parte anche il Dipartimento di Prevenzione esegue i tamponi all’aperto, in modalità drive-in. Perché dovremo noi medici di famiglia eseguirli nel chiuso dei nostri ambulatori?».

Bortot esclude anche la possibilità di recarsi a domicilio del paziente. «Chi igienizzerà la mia auto che uso anche per trasportare la mia famiglia? Perché non si mettono al lavoro le famose Usca, quelle unità sanitarie territoriali che avrebbero dovuto essere già attive sul territorio? Sono quelle che hanno a disposizione tutto il materiale dato dall’Usl e anche le auto ad hoc per questi interventi a domicilio. Oppure l’azienda dica a noi ma anche ai cittadini, se esistono o meno queste unità operative».

Dal Cadore

Enzo Bozza che opera tra Vodo, Borca e San Vito si dice anche lui pronto a collaborare, ma non condivide i termini posti dalla Regione per farlo. «Personalmente sono d’accordo di fare i tamponi tanto che ho dato la mia disponibilità e li farò nei miei ambulatori perché ne ho diversi ed è possibile separare l’area ambulatoriale normale da quella Covid. Ma la mia è una situazione particolare non comune a tutti i miei colleghi. E il problema è questo: fare i tamponi significa farli in situazione di rischio, non sai chi stai testando. E se è positivo sei costretto a chiudere i locali finché non sono sanificati. Per questo ho parlato con i colleghi dell’area da San Vito a Cortina per metterci d’accordo e utilizzare degli spazi pubblici non più in uso per eseguire i tamponi». Sull’ordinanza e sulla possibilità di essere esclusi dalla convenzione per chi si rifiuta di aderire all’iniziativa, Bozza aggiunge: «Noi medici di famiglia non siamo dipendenti pubblici, ma a contratto sulla base di una convenzione in cui sono riportati i motivi per cui si può recedere. Per cui anche questa attività rientra in una contrattazione con l’Usl perché nessuno può obbligarci a fare, se non è scritto nel contratto. Noi siamo allo stremo, in queste ultime due settimane siamo sovraccaricati di lavoro tra vaccini, telefonate, certificazioni Inps e Inail. Se si vuole che facciamo le pratiche cliniche, alleggeriteci almeno di quelle burocratiche»

Dal Longaronese-Zoldano

«L’ordinanza regionale la trovo esagerata», precisa anche Maria Antonia Cassol della medicina di gruppo integrata del Longarone-Zoldano. «Ci sono ambulatori attrezzati dove è possibile far accedere le persone in drive-in, ed altri invece dove questo non è possibile. Ma in queste settimane siamo soffocati dal lavoro tra vaccini e altro. Ma daremo una mano anche in questo caso. Non ci siamo mai tirati indietro».

Lo Snami

Tra i contrari alla nuova convenzione c’è Roberto Sernaglia dello Snami. «Come Snami siamo sempre stati contrari all’obbligatorietà di questo servizi e come sindacato di Belluno siamo per la volontarietà ma in locali forniti da Usl o Comuni, con dpi appropriati e a norma e con anche un supporto infermieristico». Per Sernaglia sarebbe stato meglio organizzare dei punti comuni sul territorio dove a turno i medici di famiglia andavano a fare i tamponi. «Come Snami avevamo mandato una mail due settimane fa all’Usl in cui davamo la nostra disponibilità su base volontaria ad effettuare i tamponi, ma non abbiamo ricevuto risposta. Dovranno anche spiegarci come si fanno i tamponi, servirà un po’ di formazione». —

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