Tangente sulla cava, anche Grigolin in Procura

Ieri il titolare dell’azienda di Susegana si è presentato spontaneamente a Belluno. Il suo avvocato: «Nessuna deposizione, ribadiamo l’estraneità ai fatti di Col delle Vi»

FARRA D’ALPAGO. Si è presentato spontaneamente in Procura a Belluno, assistito dal suo legale, «ma al momento il mio assistito non ha rilasciato alcuna dichiarazione, non è stato ascoltato dal procuratore Pavone», precisa l’avvocato Andrea Gritti del foro di Treviso, che ieri ha accompagnato negli uffici di via Volontari della Libertà l’imprenditore Maurizio Grigolin, amministratore delegato della Fornaci Calce Grigolin.

Una presenza ai piedi delle Dolomiti, dopo quella del titolare della Fassa Bortolo, per ribadire «la totale estraneità a qualsiasi fatto collegabile al procedimento in corso sulla gestione della cava di Col delle Vi», ha puntualizzato l’avvocato Gritti.

Audizione fiume, invece, quella iniziata ieri mattina negli uffici del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Belluno, dove gli uomini del tenente colonnello Sodano hanno ascoltato per oltre sei ore una persona informata sui fatti. In particolare, ad essere convocato nella sede del Comando provinciale delle Fiamme Gialle è stato un tecnico (figura comunque estranea alle indagini), che ha fornito utili indicazioni per comprendere il meccanismo alla base della formazione del prezzo all’ingrosso delle merci, di competenza dell’apposita commissione di accertamento, che relativamente all’industria estrattiva vede come soggetti con potere di decisione la Camera di Commercio e Confindustria Belluno. Lo stesso meccanismo che, secondo la Guardia di finanza, sarebbe stato incrinato da una tangente di 10 mila euro pagata per far abbassare i prezzi di determinati materiali estrattivi, consentendo al soggetto gestore della cava di Col delle Vi (il Consorzio Farra Sviluppo, costituito appunto da due colossi del settore come le trevigiane Fassa Bortolo e Fornaci Calce Grigolin, oltre che - con il 10 per cento delle quote - dalla Fratelli De Pra di Ponte nelle Alpi) di risparmiare qualcosa come mezzo milione di euro all’anno sul canone da versare al Comune di Farra d’Alpago, proprietario della cava in questione e finito nell’inchiesta come parte lesa.

Indagini scattate a fine 2015 dopo una segnalazione giunta alla Guardia di finanza e che martedì scorso avevano portato a 15 perquisizioni (nelle province di Belluno e Treviso), nel corso delle quali le Fiamme Gialle avevano rinvenuto (e sequestrato), proprio nella sede del consorzio, una valigetta contenente 9 mila euro in banconote di grosso taglio che per i finanzieri presenterebbe un collegamento diretto con la mazzetta intorno alla quale è nata l’inchiesta.

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